Translate

domenica 22 aprile 2018

SOCIAL FACT - Susan Hiller


Fino al 24 giungo 2018, presso i Binario 1 alle OGR di Torino la mostra  Social Fact (Fatti Sociali) dell'artista statunitense Susan Hiller.
Il titolo nasce da un'espressione che l'artista usa spesso per descrivere i materiali su cui basa il proprio lavoro.
Susan Hiller, nata nel 1940 negli Stati Uniti e residente a Londra dagli anni Sessanta, è una dei protagonisti della scena artistica internazionale. Ha studiato cinema, archeologia, linguistica ed antropologia decidendo poi di diventare artista.
Dopo essersi trasferita in Gran Bretagna, ha operato nel campo dell'arte concettuale britannica e partecipato attivamente al movimento femminista.
Con le sue pionieristiche installazioni, i video multischermo, le sculture, le fotografie, i progetti interattivi online e gli scritti, la Hiller ha focalizzato per decenni la propria attenzione su ciò che è "alieno", sconosciuto e spesso relegato ai margini della sfera pubblica, lei stessa dice: "Ciò che mi interessa è invisibile, in un certo senso. Non intendo letteralmente invisibile, ma ciò cui nessuno presta attenzione e che quindi non si vede".
Ha lavorato su sogni, telepatia, scrittura automatica, memoria storica, fantasmi e lingue scomparse, esperienze di pre-morte, avvistamenti di oggetti volanti non identificati, enciclopedie popolari, fantascienza, canti di protesta, levitazioni, eroi della vita quotidiana... E' affascinata dal modo in cui la tecnologia influenza la nostra percezione del mondo e da quanto Internet sia oggi un gigantesco archivio globale di racconti, storie e confessioni.
Secondo la pratica utilizzata da diversi anni dagli artisti concettuali del mondo anglosassone, nella mostra Social Fact Susan Hiller ha utilizzato opere monumentali per effettuare un'indagine che oscilla tra la fenomenologia del reale e il soprannaturale, tra innovazione tecnologica e psicologia, tra conscio ed inconscio, sogni ed incontri ravvicinati con oggetti non identificati.
Il percorso espositivo, inserito in un unico vasto ambiente, propone una serie di installazioni video alternate a stampe e proiezioni che mutano la percezione e creano differenti sensazioni nell'osservatore.
Il primo lavoro che si incontra entrando in mostra è After Duchamp  


Ritratto del Dr. Dumouchel
M. Duchamp
e si ispira all'opera "Ritratto del Dottor R. Dumouchel" del 1910 in cui l'artista dipinge un giovane compagno circondato da un'aura iridescente (un'opera che all'epoca rappresentava il rifiuto dei canoni della pittura vigenti, l'influsso della radiologia e della fotografia paranormale).
L'opera di Susan Hiller è formata da 50 stampe rigorosamente anonime e come l'artista "riassume enigmaticamente come ci vediamo nell'era digitale. Sapete siamo pixels, siamo luce".
Una moltitudine influenzata dal progresso tecnologico e dall'omologazione dei valori estetici, stordita dai social media e dalle fake news, dalla riproducibilità meccanica e seriale dell'opera d'arte.
Nell'opera Psi Girl (1999), un'opera multischermo che proietta spezzoni di films hollywoodiani, l'artista continua le sue "ricerche di gruppo" inoltrandosi tra paranormale e poteri psichici


le sequenze sono tratte dai films "The Fury" (1978) di B. De Palma, "Stalker" (1979) di A. Tarkovskij, "Fenomeni paranormali incontrollabili" (1984) di M. L. Lester, " Matilda" (1996) di D. De Vito, " Giovani streghe" (1996) di A. Fleming.  L'opera analizza i superpoteri che dà la scostante fase di cambio vissuta nell'adolescenza una riflessione sulla  trasformazione che scatena movimento (pensiamo ai trascorsi della Hiller come militante femminista).
L'imponente lavoro "Illuminazioni" divide lo spazio centrale con "From Here to Eternity".
La prima opera è una collisione visiva nel buoi del Binario 1



che attrae e respinge lo sguardo, un incontro di colori accecanti che si sovrappongono e sono accompagnati da una miscela di voci e strumentazioni scientifiche: la visione è corredata di cuffie da cui si possono ascoltare le registrazioni di codici morse e altri suoni che  fanno da sfondo a trenta minuti di storie, di racconti, di confessioni di presunti avvisatori di alieni, tra incroci di raggi di luce fluorescenti e sfere luminose oscillanti.
Mentre From Here to Eternity ci propone la proiezione di labirinti luminosi dal perimetro conforme alle antiche piante delle cattedrali gotiche all'interno dei quali si muove una sfera che ci ricorda i videogame degli anni '80.
Nel passaggio verso l'ultima opera ancora un omaggio della Hiller a Marchel Duchamp: sei enormi stampe  in cui il colore assorbe la personalità dei modelli ritratti lasciando lineamenti tenui ad un mondo sfocato



Infine Channel, l'opera audiovisiva più grande mai realizzata dalla Hiller. E' composta da 106 monitor televisivi di dimensioni e caratteristiche variabili, si tratta di un "muro catodico" che trasmette testimonianze pre-morte, esperienze extracorporee, dimensioni alternative, ricordi che esigono attenzione. Le storie s'intersecano tra loro, si sovrappongono, si confondono in un'alternanza di voci e di lingue diverse che non lasciano mai spazio alla rivelazione dei volti. 
"Canali è un'opera d'arte progettata per coinvolgere nella considerazione di alcune lacune e delle contraddizioni nel nostro sistema di credenze moderne e nella vita culturale collettiva: è ... un dispositivo estetico destabilizzante che si apre all'imprevedibile". (S. Hiller)



Pur esplorando i confini tra ordinario e straordinario, credibile e incredibile, razionale ed irrazionale, natura e soprannaturale, Susan Hiller non offre alcun giudizio sulla "verità", è al pubblico che spetta il compito di affrontare le contraddizioni dei nostri sistemi di valori e orientarsi secondo le proprie convinzioni, proprio come oggi ogni individuo deve confrontarsi con fake news o fatti raccontati in modo distorto dai social media.