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sabato 10 settembre 2016

LA LEGGENDA DELLA VERA CROCE di Piero della Fracencesca

Il soggetto delle storie rappresentate da Piero della Francesca ne "La leggenda della vera croce" (affreschi realizzati nella cappella maggiore della Basilica di San Francesco ad Arezzo) deriva dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, risalente al XIII secolo, che narra la storia miracolosa del legno della Croce di Cristo.
Si tratta di una leggenda popolare, ricca di spunti narrativi e caratteristica di un certo gusto miracolistico medioevale ma che ha consentito al pensiero cristiano di collegare il Vecchio ed il Nuovo testamento e di mostrare continuità della Rivelazione dalla Genesi al Vangelo.
Il ciclo di Piero prende avvio dal tema di Adamo che aspira alla vita eterna.

Morte di Adamo - L'albero della Croce nasce dal seme della redenzione posto sotto la lingua di Adamo morto: sulla destra, Adamo in punto di morte, tra le braccia di un'Eva vecchissima, prega Seth (nudo di spalle che si appoggia ad un bastone) di implorare dall'angelo del Paradiso l'olio che gli era stato promesso per la sua salvezza. In secondo piano si scorgono Seth e l'angelo dinanzi alla porta del Paradiso. L'angelo porge a Seth il seme anziché l'olio.
A sinistra, Seth pone il seme della redenzione nella bocca di Adamo ormai morto e circondato da testimoni di molteplici generazioni. Una donna grida il suo dolore sollevando le braccia al cielo. Le due scene sono separate da un albero drammaticamente spoglio.
Visita della regina di Saba al re Salomone - Secondo la leggenda medioevale, il seme fruttificò diventando un albero che visse fino al tempo di Salomone. Costui, colpito dalla sua bellezza, lo fece tagliare affinché servisse per la costruzione del tempio di Gerusalemme, ma poi non si seppe come usarlo nell'edificio sacro. Salomone allora lo fece gettare tra le due sponde del fiore Siloe perché servisse da ponte.
La regina di Saba, in viaggio per visitare Salomone e conoscere la sua sapienza, nell'atto di attraversare il ponte viene colta da un'improvvisa rivelazione  e comprende che si tratta del legno della Croce sulla quale verrà crocifisso il Salvatore:  rifiuta di calpestarlo e cade in ginocchio tra lo stupore del suo seguito.
Piero rappresenta la regina di profilo con le mani giunte, circondata da dame vestite con abiti sontuosi. Due alberi rigogliosi si stagliano contro il cielo pallido, dominando il gruppo delle dame e quello degli scudieri. Figure di cavalli e di cavalieri si sovrappongono con studiate alternanze.
Sulla scena di destra la regina è entrata nel palazzo di Salomone: stringe le mani del re e sembra volergli comunicare la sua tristezza.
Dignitari ed accompagnatori formano gruppi equilibrati ai lati del re e della regina sotto un portico corinzio; una colonna scanalata, precisa come se fosse un disegno architettonico, separa le due scene.
Il trasporto del sacro legno - Salomone fa rimuovere il ponte e seppellire la trave che dovrebbe causare la fine del regno degli Ebrei.
Piero organizza la scena con grande solennità: essa prefigura la scena del trasporto della croce dove l'operaio simboleggia il Cristo che la porta. Sorprendente l'interesse per i particolari, vengono infatti dipinte tutte le venature del legno, senza lasciar nella al caso e senza dimenticare alcun dettaglio: si potrebbe dire che Piero sia un pittore della realtà.
L'Annunciazione - A destra la Vergine, a sinistra l'angelo, il tutto dominato dal Padre Eterno. Forse la Vergine è la rappresentazione di sant'Elena, l'imperatrice madre di Costantino che Piero dipinge  come l'eroina di una seconda annunciazione, quella del Ritrovamento della Vera Croce?
Non lo sappiamo ma il ciclo prosegue proprio con Il sogno di Costantino - Alla vigilia della battaglia contro Massenzio, il principe, addormentato nella sua tenda e protetto dai suoi soldati riceve in sogno un messaggio divino che lo sollecita a porsi sotto la Croce per avere ragione del nemico.
La notte nebbiosa è illuminata dai forti contrasti di luce e di ombra che si riflettono sui personaggi, la sperimentazione luministico-cromatica di Piero raggiunge il suo culmine: all'interno di una tenda spaziosa giace l'imperatore immerso nel sonno, seduto su un ripiano investito dalla luce, veglia presso di lui un servitore sognante rivolto verso lo spettatore. Le due sentinelle in primo piano emergono dall'oscurità rischiarate solo lateralmente dalla luce che cade dall'alto proiettata dalla figura dell'angelo che tiene in mano la croce.
Vittoria di Costantino su Massenzio - Lance alzate, stendardi che schioccano al vento, cavalli neri e bianchi, ma più che una battaglia sembra quasi una parata militare. Qui "il tranquillo, il solenne Piero sa scorciare, non muovere" (A. Venturi, Storia dell'arte italiana).



Tortura dell'ebreo - E' una delle tappe della ricerca di Elena per trovare la Vera Croce.  Elena prega un ebreo di nome Giuda di rivelare il luogo in cui si trova la Croce. L'ebreo rifiuta e viene gettato in un pozzo; morso dalla fame, supplica di essere tirato fuori. Viene fatto. Eccolo sospeso sulle funi di un'impalcatura. Bonifacio, siniscalco dell'imperatrice, lo afferra per i capelli. Ancora una volta Piero rappresenta la realtà (l'uomo che soffre, i due uomini che insieme tirano la corda, uno dei quali si è sfilato le maniche per lavorare meglio) e descrive la scena nei minimi particolari della figura umana  (la mano che si aggrappa alla balaustra del pozzo). E' una pittura che esprime il senso del concreto,  qualità sostanziale per una pittura autentica che ha fatto di Piero un artista completo.
Ritrovamento e verifica della Vera Croce - A sinistra l'imperatrice, in piedi, assiste agli scavi circondata da spettatori. Vengono ritrovate le croci. 
A destra, la verifica di quale sia quella su cui è stato crocifisso il Cristo: un giovane seminudo resuscita miracolosamente toccato dalla Vera Croce. Elena, accompagnata dalle sue dame, in ginocchio, prega davanti alla fossa di fronte ad una  basilica decorata con tondi bianchi su fondo nero, di sorprendente originali architettonica, a fianco la Gerusalemme medioevale che domina con la sua concretezza marmorea la scena del ritrovamento.
La sconfitta di Cosroe da parte di Eraclito - Trecento anni dopo il ritrovamento della Croce, Crosoe, re di Persia, la sottrae a Gerusalemme. Eraclito lo sconfigge e la riconquista.

Un'altra battaglia diversa dalla precedente per la mischia furibonda che rappresenta. All'estrema destra, sotto il baldacchino di Crosoe, appare la decapitazione del re persiano. Attorno al sovrano inginocchiato, ormai pronto a ricevere il colpo mortale, sono rappresentati tre membri della famiglia Bacci. Si tratta dei rappresentanti dei tre rami nei quali si suddivideva allora la famiglia impegnata a pagare l'opera di Piero.
Ritorno della Croce a Gerusalemme - Nell'episodio conclusivo della Legenda, Eraclitovincitore (figura quasi perduta per il distacco dell'intonaco) è scalzo e privo dei propri vessilli imperiali, con un seguito di sacerdoti greci e armeni con strani copricapi (in ricordo forse del concilio di Firenze del 1439) riporta la Croce a Gerusalemme.  Queste immagini provengono da un mondo di sogno che rimane pur sempre tangibile, quasi familiare. A destra, alcuni personaggi inginocchiati, le mura della città con le alte torri, ai lati della Croce due alberi si stagliano su un ampio cielo dalle diverse tonalità. 


L'unico documento conservato che allude alla data conclusiva del complesso murale è un contratto del 1466, in cui la compagnia aretina dell'Annunziata, commissionando un gonfalone a Piero della Francesca, qualifica l'artista come colui "elquale à dipinto la chapela maggiore di San Francesco d'Arezzo". A questa data quindi gli affreschi erano certamente già terminati, ma l'ipotesi più credibile è che il ciclo fosse già concluso entro il 1455.
Quest'opera suscitò all'epoca una profonda commozione e sin dal 1466 fu citata come straordinaria. A partire da quella data Piero fu considerato un grande pittore e la sua fama fu universalmente riconosciuta.