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Visualizzazione post con etichetta Fotografia. Mostra tutti i post
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sabato 15 febbraio 2020

HELMUT NEWTON. WORKS - GAM di Torino sino al 3 maggio 2020



La Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino ha aperto la stagione espositiva del 2020 inaugurando la grande retrospettiva di Helmut Newton (Berlino 1920 - Los Angeles 2004).
Il curatore Matthias Harder (direttore della fondazione tedesca) ha selezionato 69 fotografie con lo scopo di presentare una panoramica della lunga carriera del grande fotografo che sin dagli inizi non ha mai smesso distupire e far scalpore per i suoi concetti visivi veramente unici.
Il risultato è un insieme di opere non solo particolarmente personali e di successo, ma che hanno raggiunto un pubblico di milioni di persone anche grazie alle riviste e ai libri in cui sono apparse e alle mostre delle sue foto.
Come afferma il curatore, "La sua fotografica, che abbraccia più di cinquant'anni, sfugge a qualsiasi classificazione e trascende i generi, apportando eleganza, stile e voyeurismo nella fotografia di moda, esprimendo bellezza e glamour e realizzando un corpus fotografico che continua a essere inimitabile e ineguagliabile".


La mostra è divisa in quattro sezioni che rendono visibile come in questo lungo arco di tempo Newton abbia realizzato alcuni degli scatti più potenti ed innovativi del suo tempo ed un video narra le giornate di lavoro del fotografo, il suo approccio con le modelle (che diventano le sue creature, i suoi personaggi), le persone illustri che ritrae e i  momenti con la moglie che per tutto il tempo lo riprende con la cinepresa.
Numerosi i ritratti a personaggi famosi del Novecento, tra cui Andy Warhol (1974), Gianni Agnelli (1997), Paloma Picasso (2983), Catherine Deneuve (1976), Anita Edberg (1988), Claudia Schiffer (1992) e Gianfranco Ferré (1996), Anselm Kiefer (1999). 


Delle importanti campagne fotografiche di moda, sono esposti alcuni servizi realizzati per Mario Valentino e per Thierry Mugler nel 1988, oltre ad una serie di importanti fotografie per le più importanti riviste di moda internazionali.


L'obiettivo di Newton aveva la capacità di scandagliare la verità che dietro il gesto elegante delle immagini, permetteva di intravedere l'esistenza di una realtà ulteriore, che sta allo spettatore interpretare.
X-Ray, Van Cleefs & Arpels,
French Vogue Paris - 1992
La sua fotografia è intrisa non solo di lussuosa eleganza e sottile seduzione, ma anche di riferimenti culturali e di un sorprendente senso dell'umorismo.
Il chiaro senso estetico di Newton pervade tutti gli ambiti della sua opera, oltre alla moda (suo primo desidero sin da ragazzo) anche nella ritrattistica e nella fotografia di nudi.
Al centro di tutto le donne ma l'interazione tra uomini e donne è un altro motivo frequente della sua opera.
Helmut Newton era in grado di trasformare luoghi banali in palcoscenici teatrali dai forti contrasti o particolarmente minimalisti per i suoi scenari assolutamente non convenzionali. 
Uno dei set fotografici preferiti era il garage del suo condominio a Monaco, 


con modelle e auto parcheggiate disposte a formare un dialogo visivo.










"Non m'interessa il buon gusto. (...) Mi piace essere l'enfant terrible" (H. N.)






sabato 15 giugno 2019

ATTI DIVINI mostra di David LaChapelle alla Venaria Reale dal 14/6/2918 al 6/1/2020



Alla Citroniera della Venaria Reale fino al 6 gennaio 2020 sarà possibile visitare la mostra Atti Divini di David LaChapelle, una coinvolgente visione dei lavori del famoso fotografo americano.
Le settanta opere di grande e grandissimo formato esposte sono le più significative dei vari periodi della carriera artistica dell'artista. Si tratta di un percorso visivo rivoluzionario, testimone della profonda rappresentazione dell'umanità che LaChapelle conduce all'interno e contro la natura, fino a far emergere una nuova espressione artistica ambientata in un paradiso colorato. 
La mostra presenta i lavori più iconici che hanno contribuito a farlo diventare uno degli artisti più influenti del mondo.
Non una semplice retrospettiva, ma un percorso spettacolare che mette in scena il passato, il presente e il futuro di LaChapelle grazie ad immagini che come riferisce lo stesso artista, sono state liberatorie perché proprio attraverso queste immagini ha potuto sperimentare nuovi processi creativi e trovare nuove libertà.
LaChapelle si distingue per la capacità di raccontarsi attraverso la fotografia mettendosi in relazione con le manifestazioni più significative della civiltà occidentale, dal Rinascimento al contemporaneo ed oltre, nella piena consapevolezza dell'artificio creativo.
Nelle sue opere si trova una continua mescolanza di antico e moderno (ne è un esempio Rape of Africa del 2009 nel quale Noemi Campbell è inserita come una Venere di Botticelli ma la scena è ambientata nelle miniere d'oro dell'Africa)

Rape of Africa (particolare)
ma anche un aggiornamento della rappresentazione del sacro che lo porta a mettersi a confronto con episodi della vita di Cristo che per nulla vogliono essere blasfemi ma come dice lo stesso artista rappresentano "il contesto che avrebbe trovato Gesù ai nostri tempi e le persone a cui si sarebbe rivolto oggi"...

Sermone (2003)
e molti riferimenti ai grandi maestri della pittura del passato.


The Last Supper (2003)
La Sacra Famiglia con S. Francesco (2019)


Inizio autunno - America - Intorno all'anima
(serie 2008 - 2011)
In mostra sono espose le vivaci ed elettrizzanti serie Land SCAPE e Gas del 2013

Gas: 76 (2012) e Paesaggio Kings Dominion (2013)
progetti di nature morte in cui LaChapelle riunisce oggetti trovati per creare raffinerie di petrolio e le loro stazioni di servizio interconnesse come reliquie in una terra in cui scompare la natura, 

Paesaggio Riverside (2013) - particolare
mentre lavori come Awakened  e Seesmic Shift rivelano scene legate alla divinità nel mondo moderno.

Awakened (2007)


Seesmic Shift (2012)
La mostra Atti Divini presenta per la prima volta opere inedite della nuova serie New World realizzata tra il 2017 e il 2019 che rappresenta lo stupore dell'artista per il sublime e la ricerca della spiritualità in scene di utopia tropicale.




Alla domanda quale vorrebbe fosse l'effetto finale di questi suoi Atti Divini, David LaChapelle risponde: "Mi piacerebbe che potessero offrire a tutti speranza, gioia, ispirazione per il futuro".



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Nato nel 1963 in Connecticut, David LaChapelle frequenta al liceo la North Carolina School of the Arts. Iscrittosi al corso di pittura, sviluppa in seguito una tecnica fotografica con la quale, prima di sviluppare la pellicola, dipinge manualmente i negativi, ottenendo così uno spettro sublime di colori.
All'età di 17 anni si trasferisce a New York. Dopo la sua prima mostra fotografica alla Gallery 303, viene assunto da Andy Warhol a lavorare all'Interview Magazine, inoltre lavora  per copertine e servizi fotografici di riviste fra le quali Vanity Fair, Vogue e Rolling Stone.
Grazie alla sua padronanza del colore, straordinaria capacità compositiva e narrazioni fantasiose, LaChapelle inizia ad ampliare il genere della fotografia.
Mentre le sue scene accuratamente architettate, i suoi ritratti e nature morte mettono in discussione la fotografia tradizionale, le sue opere suscitano ben presto un forte interesse internazionale.
Nel corso degli anni amplia la sua produzione artistica al teatro e al cinema. Il suo lungometraggio Rize del 2005 (un lavoro girato nei sobborghi di Los Angeles che illustra le nuove forme di ballo tra cui il Krumping che esplose nei ghetti neri della città) è premiato e distribuito in 17 paesi. Molte delle sue opere fotografiche e cinematografiche diventano archetipi dell'America del 21° secolo.
Negli ultimi trent'anni, LaChapelle ha esposto in gallerie e musei di tutto il mondo, tra cui la National Portrait Gallery e il Victoria and Albert Museum di Londra, il Tel Aviv Museum of Art, il Musée d'Orsay di Parigi e il Palazzo delle Esposizioni di Roma.

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domenica 7 aprile 2019

Steve McCurry. Leggere

Fino al 1° luglio 2019 a Palazzo Madama è visitabile la mostra Steve McCurry. Leggere che presenta fotografie che ritraggono persone da tutto il mondo che leggono.
Con le sue fotografie McCurry  svela il potere che la lettura ha di trasportare le persone in mondi immaginari, nei ricordi, nel presente, nel passato ma anche nel futuro.


Dai luoghi di preghiera in Turchia, alle strade dei mercati in Italia, dai rumori dell'India ai silenzi dell'Asia orientale, dall'Afganistan all'Italia, dall'Africa agli Stati Uniti, nelle fotografie sono immortalati uomini e donne assorti nella lettura.
Le immagini documentano i momenti di quiete durante  il quale le persone si immergono nei libri, nei giornali, nelle riviste. Giovani o anziani, ricchi o poveri, religiosi o laici: per chiunque e dovunque c'è un posto per la lettura.


Una serie di citazioni di brani letterari accompagnano le fotografie che rendono omaggio alla parola scritta, diventando una sorta di percorso parallelo molto suggestivo.

"I libri pensano per me" - Charles Lambs
Una sezione della mostra presenta libri pubblicati in questi anni con le foto di Steve Mccarty accanto agli scatti originali che sono stati scelti per le copertine e che sono spesso icone che lo hanno reso celebre in tutto il mondo.




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Steve McCurry (Philadelphia 1950) è famoso per le fotografie a colori scattate in tutto il Sud-est asiatico.
L'nizio della sua carriera riasale al 1979 quando, varcata la frontiera pakistana, si addentra nel territorio afgano controllato dai mujaheddin alla vigilia dell'invasione sovietica. Gli scatti realizzati in quell'occasione gli valgono la prestigiosa Robert Capa Medal.  
Collaboratore con il National Geographic e dal 1996 membro dell'agenzia Magnum.




giovedì 24 gennaio 2019

SANDY SKOGLUND. VISIONI IBRIDE dal 24/1/2019 al 24/3/2019




Curata da Germano Celant la mostra "Sandy Skoglund Visioni Ibride" riunisce lavori che vanno dagli esordi nei primi anni Settanta all'ancora inedita opera Winter alla quale l'artista ha lavorato per oltre dieci anni.
Un'anteprima mondiale che conferma l'unicità della sua ricerca e del suo linguaggio che si è formato in pieno clima concettuale per poi evolversi in un immaginario sospeso tra sogno e realtà, carico di una straordinaria potenza evocativa.
Attraverso oltre cento lavori tra fotografie (quasi tutte di grande formato) e sculture, la mostra permette di seguire il percorso dell'artista partendo dalle prime fotografie prodotte a metà degli anni Settanta come la serie Motels (1974) realizzata durante un viaggio seguendo un vecchio itinerario delle vacanze, sulla statale 1 da Boston a Portland nell'estate del 1974



e le opere dove già emergono i temi caratteristici dell'interno domestico e della sua trasformazione in luogo di apparizioni tra comico ed inquietante,

Hangers - 1979
fino alle grandi composizioni dei primi anni Ottanta, che hanno dato all'artista fama internazionale come Radioattive cast" del 1980 e Revenge of the goldfish del 1981, autentiche icone del periodo, rivisitazioni surreali e stranianti di ambienti famigliari dai colori improbabili, invasi pesci volanti.


Revenge of the goldfish - 1981
Le immagini nascono sempre dalla costruzione di un set molto complesso che l'artista poi fotografa



un procedimento che ben spiega la rarefatta produzione dell'artista e la peculiarità del suo percorso visuale, che è installativo, scultoreo  e fotografico; tutti elementi che si trovano nella mostra, dove alcune sculture rimandano alle fotografie e viceversa.


Una componente importante del linguaggio immaginario della Skoglund è il colore, usato sina dalla fine degli anni Settanta per realizzare fotografie enigmatiche efficaci e capaci di comunicare la densità e l'energia di una situazione estetica, connessa alla nuova espressività dei media. L'artista impiega tinte complementari, contrastanti e sature, per aumentare la brillantezza delle tonalità e creare una composizione visiva aggressiva e carica di tensione artificiale. 
In The Lost and Found (1986) e Insivisible Web (1986) dove l'utilizzo del colore giallo è predominante, abbandona l'ambiente domestico e l'intimità del contesto casalingo.




Tra le tante opere storiche che compongono quest'esposizione c'è la serie True Fiction Two realizzata tra il 1986 e il 2005 (l'allucinata interpretazione dello stile di vita americano) e le spettacolari composizioni Fox Games del 1989 e The Green House del 1980, con i loro ormai iconici animali, volpi rosse e cani viola.



Attraverso il balletto di Shimmering Madness (1998) 


dove le statue e le figure umane condividono lo stesso spazio in una folle coreografia e il visionario picnic di Raining Popcorn (2001) si giunge alle due opere più recenti: Fresh Hybrid (2008) e l'inedito Winter (2018) che rappresentano i primi due capitoli di una serie dedicata alle quattro stagioni (The Project Of The Four Season - in progress) nonché le opere più ambiziose e impegnative dell'artista. Si tratta di opere che riflettono sia sull'arte che sulla vita, tra essere umano e natura, tra realtà e artificio.


Come dice l'artista: "Winter è un ibrido di tecniche e di idee, cristallizzate dalla macchina fotografica il 22 dicembre 2018. In opposizione all'estemporaneità dello scatto, Winter è uno studio sulla perseveranza e sulla persistenza, un paesaggio artificiale che celebra la bellezza e lo smarrimento tipici della stagione più fredda". E' il punto di arrivo di svariati processi digitali appresi da autodidatta. 
Sandy Skoglund ha realizzato un set in cui i fiocchi di neve di metallo sono tagliati digitalmente e le immagini stampate su di loro sono state realizzate digitalmente con inchiostro a raggi ultravioletti
Inoltre l'artista ha creato i gufi e la figura umana "scolpendoli" direttamente su file digitali.


Definire le opere di Sandy Skoglund è difficile: sono sculture oppure installazioni, o fotografie di installazioni e sculture? Nulla di ciò che appare al loro interno viene manipolato tramite photoshop, al contrario tutto si mostra per ciò che realmente è. E' l'artista in persona a creare, dettaglio dopo dettaglio le sue scenografie, facendo sì che ogni elemento dell'ambientazione generale sia un'opera d'arte a sé state: infatti, dopo aver predisposto il set, inserisce le varie sculture realizzate a mano in terracotta e resina dipinta 

ed infine le comparse umane, traducendo così concretamente l'idea di un'opera d'arte totale.
L'artista non realizza immagini al computer perché sostiene ne cambierebbe il significato: "sapere che ciò che guardiamo è esistito davvero, modifica la nostra percezione dell'immagine" ha dichiarato Sandy Skoglund parlando del proprio lavoro.
Sia le sue fotografie che le sue installazioni sono parte delle collezioni dei più importanti musei ed istituzione del mondo: Centre Pompidou, Metropolitan Museum of Art, Whitney Museum, Getty Museum, Maison Européenne de la Photographie ...

The Cocktail Party - 1992


Sandy Skoglund, nata a Weymouth, Massachusetts nel 1946 ha studiato arte e storia dell'arte allo Smith College di Northampton (Massachusetts) dal 1964 al 1968. Ha continuato la sua carriera universitaria nell'Iowa nel 1969, dove ha studiato regia, incisione e grafica, ricevendo il suo Master of Arts nel 1971 ed il suo Master of Arts in pittura nel 1972.
Trasferitasi a New York City nello stesso anno, ha iniziato a lavorare come artista concettuale, occupandosi di produzione artistica ripetitiva e orientata al processo attraverso le tecniche del mark-making (produzione di tracce grafiche) e della fotocopiatura.
Alla fine degli anni Settanta, il desiderio di Sandy Skoglund di documentare le sue idee la fa orientare verso la fotografia.
Questo crescente interesse per la tecnica fotografica si fonde con il suo interesse per la cultura popolare e le strategie di creazione di immagini commerciali, dando vita al lavoro di ricostruzione scenografica per il quale è conosciuta anche oggi.
La sua opera d'arte più conosciuta è probabilmente  Radioattive Cats (gatti radioattivi) del 1980, la foto presenta una monocroma stanza grigia abitata da due anziani personaggi immobili e da una grande quantità di gatti verdi.
Vive attualmente a Jersey City, nel New Jersey.

venerdì 19 ottobre 2018

CAMERA POP. La fotografia nella Pop Art di Warhol, Schifano Co.



Fino al 13 gennaio 2019 al Centro Italiano per la Fotografia, Via delle Rosine 18 a Torino, è visitabile la mostra CAMERA POP. La fotografia nella Pop Art di Warhol, Schifano  Co. , 150 tra quadri, fotografie, collage, grafiche, che ripercorrono la storia delle reciproche influenze tra fotografia e Pop Art.
La Pop Art (popular art) è stata un fenomeno mondiale, esploso negli anni Sessanta negli Stati Uniti e in Europa e diffusosi rapidamente anche nel resto del mondo.
Servendosi degli stessi modelli della comunicazione di massa, questo movimento ha registrato in modo neutro e fotografico l'attualità.
L'affermazione della cultura Pop ha liberato energie sorprendenti anche all'interno del mondo dei fotografi, che si sono misurati direttamente con il panorama visivo contemporaneo ma soprattutto con le logiche della trasformazione del documento fotografico in opera d'arte.
La fotografia è stata per gli artisti Pop fonte di ispirazione e strumento di lavoro divenendo parte essenziale della loro ricerca.
In mostra il famoso collage fotografico di Richard Hamilton "What is it that makes today's homes so different, so appealing?" considerato la prima opera Pop della storia e le fotografie che ritraggono le icone più potenti degli anni Sessanta che diventarono esse stesse opere ed icone Pop come la Marilyn Monroe di A. Warhol 



o la Brigitte Bardot di Geralt Laing che nelle sue diverse versioni evidenzia l'utilizzo contemporaneo delle diverse tecniche, dalla fotografia al disegno alla stampa.



La ricerca artistica in Italia è rappresentata sia dalla tela "Divertiamoci" di Mimmo Rotella (nata da una fotografia e riprodotta meccanicamente) che rappresenta la realtà vista dal finestrino di un'automobile,



sia dalle fotografie di Ugo Mulas che documentano la storica Biennale di Venezia del 1964 



e gli studi degli artisti Pop newyorchesi. Una quarantina di scatti che raccontano uno dei momenti più alti del rapporto tra fotografia e Pop Art, al confine tra documentazione e creazione.





Se Mulas documenta, Michelangelo Pistoletto, con le sue opere specchianti, rende protagonista lo spettatore facendolo  entrare direttamente nell'opera.


Un'ampia sezione della mostra è dedicata al concetto di riproduzione attraverso l'utilizzo della macchina fotografica, uno strumento che ha rinnovato il modo di vedere il mondo: il mondo è conosciuto e concepito attraverso le riproduzioni fotografiche, e gli artisti Pop a questo immaginario e a queste pratiche si rivolgono, per essere contemporanei.
E' la società dei consumi e delle immagini di massa, nella quale la fotografia ha un ruolo centrale. 
In mostra oltre alle fotografie realizzate da Andy Warhol, anche la Polaroid (strumento fotografico da lui prediletto) dedicato al grande fotografo Mimmo Joidice, che in quel periodo documentava la presenza del maestro americano a Napoli.




Una mostra che, come quelle precedenti "L'Italia di Magnum" e "Arrivano i Paparazzi" , vuole analizzare e approfondire - sia dal punto di vista artistico che sociale - un particolare momento storico  attraverso lo studio di un movimento o di uno stile fotografico.
Una mostra con grandi artisti e grandi fotografi completata da  incontri di approfondimento nei "Giovedì di Camera".