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sabato 25 maggio 2019

ART BRUT

Art Brut è l'etichetta che nel 1948  Jean Dubuffet attribuì alla sua collezione di opere realizzate da malati mentali, emarginati e bambini (oggi inclusa nel Museo dell'Art Brut a Losanna in Svizzera e costituita più di 5000 opere realizzate da quasi 500 artisti) e di arte tribale, popolare e naïve.
La raccolta faceva capo alla Compagnie de l'Art brut sostenuta da Breton e che vantava tra i suoi membri Charles Ratton, mercante d'arte e principale autorità dell'Arte Primitiva" a Parigi.
L'accostamento di Dubuffet all'arte psicotica risale alla visita, negli anni Quaranta, della collezione di Charles Madame, psichiatra di Ginevra e, ancor prima, alla lettura del testo di Hans Prinzhorn che fu tra i primi a riconoscere un valore artistico nell' "arte dei folli" e a metterla in parallelo con i disegni infantili e gli oggetti dei primitivi.
L'accostamento di Dubuffet a questo tipo di iconografie non ha però per lui le motivazioni formali che avevano orientato il primitivismo. L'impulso creativo universale, libero da istanze normative che le attraversa è il principio su cui Dubuffet costruisce le sue "posizioni anticulturali" e da cui deriva la sua concezione pittorica.
A partire dal pensiero occidentale, messo in crisi dalla tragedia insensata della guerra, Dubuffet abolisce nella pittura ogni traccia dei suoi fondamenti razionalistici: lo spazio prospettico e le gerarchie della composizione. Nel 1945 infatti scrive "Lo spazio mentale non assomiglia allo spazio percepito tridimensionale e non ha bisogno di nozioni come sopra e sotto".
Non esistono più convenzioni formali, ciò che predomina è il puro istinto, un linguaggio arcaico e primitivo, uno stile semplificato , infantile, irrazionale, quello dei bambini, degli ignoranti e dei malati di mente. Il risultato è una pittura di grande originalità di forme, di modi espressivi, di tecnica, di materiali, di assemblaggi, dove il colore viene sommariamente trattato con libertà ed esuberanza, le linee sono casuali ed elementari, i soggetti enigmatici, talvolta indecifrabili nel nome della giù assoluta spontaneità ed immediatezza, sia di contenuto che di forma.
Mirobolus blanc  1945-46  J. Dubuffet
Le Haute Pâtes di Dubuffet, esposte a Parigi nel 1946, sono celebrazioni della materia.
Su un impasto denso, artista incide il profilo di teste e di figure elementari simili a quelle disegnate dai bimbi. Sono immagini appiattite, stirate, eppure colme di una materia viva, naturale come la terra e il fango.
Nel predominio del segno appaiono le Mires e i Non-Linux ove, al di là di ogni designazione rappresentativa, con un ulteriore atto contestativo, il suo forte gesto pittorico stravolge nozioni consolidate mostrando, come annota nella sua biografia lo stesso Dubuffet, "non plus le monde mais l'incorporalité du monde, ou, dison, le néant fantomatiquement peuplé des fantasmes que nous y projections" .




Mire G71 1983   J. Dubuffet
L'Art Brut (detta anche Arte Grezza), che prenderà anche il nome di Raw Art e, oltreoceano, di Outsider Art, vuole affermare che la capacità espressiva è una caratteristica potenzialmente presente in qualsiasi persona, indipendentemente dalla sua intelligenza e cultura.
L'Art Brut è molto libera poiché non condizionata da modelli culturali o accademici, non vincolata a logiche di mercato e soprattutto libera perché non deve rispondere né compiacere qualcuno. 
I lavori sono creazioni artistiche e non prodotti artistici, sono frutto di situazioni estreme, fuori da ogni controllo, nel mondo dei folli, o degli ignoranti, o dei primitivi, realizzati "... dall'ebrezza creativa senza alcuna destinazione ... (J.D.)".
L'Art Brut finirà per avere inevitabilmente caratteristiche proprie non estranee all'automatismo psichico della poetica surrealista o alla violenta aggressività dell'Espressionismo, vicine a quelle del Gruppo Cobra ed ai nuovi modi espressivi di Karel Appel.
In Italia  esiste una collezione di Art Brut nel Museo di Antropologia ed Etnografia dell'Università di Torino attualmente chiuso al pubblico in attesa del trasferimento delle collezioni al Palazzo degli Istituti Anatomici.
Nella collezione anche un'opera di Francesco Toris realizzata con ossa animali provenienti dalla cucina del manicomio in cui  era ricoverato, l'Ospedale psichiatrico di Collegno.