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martedì 11 giugno 2019

Le donne nell'arte: KIKI SMITH

Figlia di Tony Smith, sculture ed esponente del movimento minimalista e di Jane Smith cantante lirica, Kiki Smith (Norimberga 1954) cresce in un ambiente "artistico" e si confronta precocemente con il mondo dell'arte e i diversi materiali che la circondano.
Ancora bambina, insieme alle sorelle, prepara i modelli di carta da cui il padre elaborava le sue sculture, poi durante l'adolescenza inizia ad interessarsi all'arte e all'artigianato popolare, diventando anche una fervente ammiratrice di Frida Kahlo.
Dopo aver vissuto un anno a San Francisco come membro del gruppo rock dei Tubes, nel 1974 si reca nel Connecticut dove per tre trimestri frequenta l'Hartford School of Art.
Nel 1976 si trasferisce a New York dove entra a far parte del gruppo di artisti Collaborative Projects Inc. (Colab) il cui primario interesse era trasformare in maniera creativa oggetti d'uso comune, che venivano rivenduti nel negozio A More Shop.
Nel 1979 , l'anno precedente alla morte del padre, riceve in dono da quest'ultimo Gray's Anatomy (lo stesso che appassionò J.M. Basquiat). Copiando gli schemi di questo manuale di anatomia del XIX secolo, all'inizio degli anni novanta inaugura il suo lavoro artistico incentrato sulla rappresentazione del corpo umano anche se già nel 1980 aveva esposto per la prima volta i suoi grandi disegni anatomici in una mostra collettiva.
"Il corpo - dice - è il nostro comune denominatore e il teatro dei nostri piaceri e dei nostri dolori. Attraverso esso voglio esprimere chi siamo, come viviamo e come muoriamo".
Harbor (Porto) 2015
arazzo in cotone Jacquard
Benché la scultura abbia assunto un ruolo preponderante nella sua pratica, il disegno rimane il fulcro della sua opera.
Figure-sentinella a grandezza naturale popolano l'universo di Kiki Smith, che attinge alle leggende folcloristiche, ai miti o ai racconti fantastici, raccogliendo gli archetipi che le sono cari e rimandando alla sua condizione di donna artista: il bambino selvaggio, la ragazza, l'animale.
Sempre a caccia di idee e possibilità di sperimentazione ha utilizzato materiali vari (vetro, porcellana, carta, argilla e bronzo) per rappresentare il corpo come sistema, analizzando i suoi significati e valori simbolici.
Al centro della sua ricerca artistica è la condizione umana (in particolare della donna) e la denuncia della sofferenza, del male, della sopraffazione che  agli esordi della sua carriera aveva espresso con un linguaggio graffiante e provocatorio.
Ne sono un esempio Shields del 1988 opera nella quale il ventre di una donna incinta è rappresentato come scudo, oppure Second Choise del 1987 dove vari organi sono disposti come frutti in una ciotola di ceramica per rappresentare una reazione al commercio di organi.




Le fonti di ispirazione delle sue opere sono eterogenee: antiche opere d'arte come l'altare di Isenheim di Grünewald, figure bibliche o mitiche come Maria Maddalena o Lilith 








ma anche favole e sogni, cosmo e stelle.
Nell'ambito della mostra Paradise Cage che si tenne a Museum of Contemporary Art di Los Angeles nel 1996, insieme ad uno Studio di architetti, realizzò uno scenario celeste di grande impatto sotto il quale comparivano 28 animali in vetro che rimandavano sia all'Arca di Noè che ad altre leggende.
Protagonista della  sua recente produzione artistica, frutto di un profondo rivolgimento espressivo e poetico è la natura vista come contenitore e forza generatrice.
Fortune 2014
Animali, vegetazione, figure umane, cieli e astri sono parte di un mondo denso di misteri e simboli, sospeso tra favola e mito dove le gerarchie sono abolite.
L'occhio dell'artista indaga tutto con curiosità e tenerezza, protegge le sue creature fragili e innocenti, crea un racconto nuovo in cui il pericolo e la minaccia rimangono indeboliti da una legge naturale superiore e potente.
L'energia rivoluzionaria che oggi anima l'anima di Kiki Smith sta nella pietosa universale, metafora della capacità tutta femminile di sanare le lacerazioni di un mondo spesso brutale e dissonante.

Alcune opere esposte alla mostra What i saw in the road - Palazzo Pitti 2019