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mercoledì 31 agosto 2016

SULLE ORME DI PIERO DELLA FRANCESCA: da Sansepolcro ad Arezzo passando per Monterchi



"Nacque costui  nel Borgo a San Sepolcro, che oggi è città, ma non già allora, e chiamassi dal nome della madre, Della Francesca, per essere ella restata gravida di lui quando il padre  e suo marito morì; e per essere da lei dato alleato et aiutato a pervenire al grado che la suo buona sorte gli dava..." , così scrisse il Vasari ne Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti.

Nel Palazzo Comunale di Sansepolcro (oggi Pinacoteca) è raccolto un piccolo ma importantissimo nucleo di opere dell'artista.
Sulle pareti Piero ha dipinto la Resurrezione di Cristo: sopra il 
torpore pesante delle sentinelle si innalza la figura di Cristo visto in perfetta formale sacralità e reso in una dimensione di rustica umanità secondo l'ideale che Piero aveva dell'uomo: concreto, misurato ed ieratico.
Il paesaggio è rappresen-tato simbolicamente: per metà ancora spoglio nella desolazione dell'inverno e per metà rinverdito dalla primavera di un mondo "risorto".
Il bellissimo Polittico della Misericordia a lungo smembrato ed oggi ricostituito


fu commissionato a Piero nel 1445 dalla compagnia della Misericordia con impegno di terminarlo "di lì a tre anni" e prescrivendo secondo il gusto tradizionale, l'uso di colori preziosi e dell'oro zecchino per il fondo. Ma Piero non si atterrà ai tempi previsti, alternerà l'esecuzione del polittico con altre commissioni più pressanti ed impegnative, ponendo termine al dossale della Misericordia solo dopo il 1460, cioè quasi vent'anni dopo il suo inizio.
Le parti più antiche del polittico sono probabilmente i due scomparti con i Santi Sebastiano e Giovanni Battista collocati alla sinistra del pannello centrale. Poco più tardi furono eseguiti gli scomparti di coronamento con la Crocifissione al centro e ai lati San Benedetto, l'Angelo Annunziante, la Madonna annunziata e San Francesco. 
Nella crocifissione è ancora ben presente il modello masacciano del polittico dipinto per la chiesa del Carmine a Pisa ed oggi smembrato in diversi musei e in parte disperso anche se in Piero la composizione è ordinata e simmetrica, i colori meno violenti, le figuri hanno una gestualità solenne, le pieghe degli abiti sono scavate in profondità con effetti di vivo plasticismo cromatico.
Sempre in questo museo si trova un frammento di affresco che, scoperto nel 1955 e proveniente dall'abside della chiesa di Sant'Agostino, fu poi strappato due anni dopo con la demolizione del muro di supporto.
Se si risale verso le sorgenti dell'Arno, si arriva a Monterchi, un borgo di mezzomonte ove nacque la mamma di Piero. Qui si trova La Madonna del Parto realizzato tra il 1455 e il 1456 per la chiesa di Santa Maria in Silvis a Montechi (ora staccato e conservato nel Museo della Madonna del Parto).
La figura di questa vergine prorettrice delle partorienti, dall'espressione quasi altera, nel suo atteggiamento così naturale di donna incinta, risalta entro il baldacchino damascato, aperto lateralmente da due angeli disegnati da uno stesso cartone, a specchio l'uno dell'altro.
L'ultimo restauro ha purtroppo tolto a questo capolavoro il vertice dell'impianto circolare che, sebbene ridipinto, rispettava comunque la struttura originale dell'opera
prima del restauro
dopo il restauro
Muovendosi a ritroso verso le origini pierfranceschiane, nella chiesa di San Francesco ad Arezzo si trova il grande complesso di affreschi sulla Leggenda della vera croce, realizzati da Piero tra il 1453 e il 1455 o forse anche l'anno prima quando Francesco di Baccio Bacci, dopo la morte di Bicci di Lorenzo a cui aveva inizialmente commissionato l'opera per la sua cappella, affida i lavori a Piero della Francesca.


Sempre ad Arezzo ma nel Duomo, addossata ad una parete decorata dalla della tomba Tarlati, si trova la Maddalena (1462-1464): l'imponenza monumentale di questa figura è tutta costruita per grandi campiture di colore vivo, quasi come da un veneziano del primo Cinquecento. Ma pur con questa sintesi cromatica Piero non tralascia le qualità minimali della sua maturità pittorica: i riflessi luccicanti dell'ampolla, i capelli che ricadono sparsi uno per uno sulle solide spalle della santa. 
Queste solo alcune delle molte opere realizzate da Piero della Francesca da poter ammirare in luoghi in cui la storia si respira ancora ... 





martedì 2 agosto 2016

ESCHER - Palazzo Reale Milano fino al 22 gennaio 2017




La mostra presenta 200 opere (tutte provenienti dalla collezione di Federico Giudiceandrea) divise in sei sezioni che fanno viaggiare lo spettatore attraverso lo sviluppo creativo dell'artista.
Il percorso espositivo, che segue un filo cronologico, si apre con la formazione di Maurits Cornelis Escher (Leeuwarden 1989 - Laren 1972): l'artista originario dei Paesi Bassi, visse a Roma dal 1923 al 1935, anni che egli stesso definì i più belli della sua vita,  nel 1937 lasciò l'Italia per trasferirsi in Belgio e questo rappresenterà l'anno decisivo per la sua produzione artistica che andrà a concentrarsi principalmente sulla rappresentazione degli oggetti impossibili che lo renderanno riconoscibile in tutto il mondo.
La prima sezione pone in risalto il rapporto di Escher con l'Art Nouveau. Ad avvicinare il giovane studente a questa corrente artistica fu il suo maestro Samuel Jessurum de Mesquita. Le opere realizzate da Escher in questo periodo hanno una forte componente liberty che susciterà in lui il grande interesse per la tassellazione o divisione regolare del piano.
Non si può prescindere poi dall'approfondire il tema del rapporto con l'Italia: nella sezione sono riportati confronti con alcuni artisti contemporanei a Roma, dall'avanguardia futurista al richiamo al simbolismo e al divisionismo.
Un'attenzione particolare è dedicata a Giuseppe Haas Triverio (1889-1963), l'incisore svizzero, attratto non solo dai monumenti italiani
ma anche dalla natura del nostro Paese, con cui Escher condivise molti viaggi nella nostra penisola che diedero vita ad una cospicua produzione di opere
San Pietro da Gianicolo - G. H. Triverio

M.C. Escer














Momento scatenante nel percorso della creatività artistica di Escher fu la seconda visita a l'Alhambra a Cordova nel 1936
Alhambra - piastrella
che, dopo l'interesse per la tassellata già ampiamente manifestato per via della formazione Art Nouveau, lo indusse a studiare le soluzioni decorative moresche caratterizzanti quello straordinario edificio. 
Fra le eccellenze in mostra e pezzo forte della sezione sono alcuni lavori di Koloman Moser che molto hanno influenzato l'opera di Escher
Illustrazione di Koloman Moser 1899




Pesci volanti - M.C. Escer 




Da sempre affascinato dalle superfici riflettenti, il primo autoritratto di Escher a specchi curvi è del 1921. La sfera che riflette i raggi provenienti da tutte le direzioni dello spazio rappresenta tutto lo spazio intorno e gli occhi dell'osservatore sono sempre al centro: l'Io al centro del mondo è la sensazione che si sperimenta nell'interfacciarsi con lo spazio e la luce riflessi; così l'Io è, dice Escher, il protagonista indiscusso al centro del mondo che gli gravita intorno

Tuttavia non solo sfere: figure piane 










si alternano a figure solide nella rappresentazione tassellare dello spazio nelle più svariate possibilità competitive senza lasciare vuoti, come l'opera "Profondità" del 1955 che sembra riprendere la disposizione degli atomi di ferro (Fe)



L'altra passione di Escher, infatti, furono metalli e cristalli di cui scoprì le leggi di organizzazione molecolare nello spazio










Una sezione prende il nome dall'opera "Metamorfosi" uno dei capolavori assoluti nella produzione di Escher.
Metamorfosi - frammento
L'opera mostra un turbinio di trasformazioni basate su diversi tipi di tassellata e assonanze logiche e formali che si concludono con la veduta di Atrani, il paesino della scogliera Amalfitana, caro all'artista, che vi aveva trascorso il suo viaggio di nozze. Escher aveva ritratto Atrani nel 1931



come molti altri paesaggi italiani a lui molto cari per la loro posizione arroccata.

Lasciata l'Italia nel 1936 l'artista non dimenticherà mai quei paesaggi che lo affascinavano e dai quali trovò l'ispirazione.
La sezione "Paradossi geometrici: dal foglio allo spazio" richiama l'attenzione sugli ambiti scientifici dell'arte di Escher: la matematica e la geometria.



La linea di confine tra Escher e i matematici è sottile e determinante; ma l'attrazione fu reciproca e felice. L'artista olandese, infatti era l'unico in grado dare un'immagine alle sue fantasie attirando a sé l'attenzione degli scienziati e iniziando con il loro mondo uno scambio che non si fermò neppure dopo la sua scomparsa.
L'ultima sezione si sofferma sull'attività si Escher indirizzata più a soddisfare le esigenze del committente che gli interessi della sua ricerca artistica personale, ma non per questo si tratta di opere di minore importanza. Come tutti i grandi artisti, Escher, per realizzare 
 gli ex libris oppure i biglietti da visita per i più svariati committenti, non tradiva la propria arte ma affrontava il tema con un approccio originale ed immediatamente riconoscibile.

Un esempio tipico è l'opera Larix che fu usata per illustrare una poesia di Hennriette Roland Holst (poetessa olandese che nel 1917 aderì alla rivoluzione di ottobre).
La sua arte uscita dal torchio del suo studio si è trasformata in scatole da regalo, francobolli e biglietti d'auguri; è entrata nel mondo dei fumetti
è finita sulle copertine degli LP di noti gruppi musicali come i Pink Floyd 
Le strutture impossibili di Escher sono state usate per alludere a situazioni paradossali e per stupire con architetture fantastiche: situazioni escheriane sono usate in clip pubblicitarie

Spot SKY


Spot AUDI
e nei films: anche le celebri rampe fatate del castello di Hogwarts nella saga i Harry Potter sono la trasposizione dinamica delle opere dell'artista,

una vera e propria Eschermania.

Ma dobbiamo fare attenzione al monito del maestro che all'inizio della mostra ci ricorda: "il mio lavoro è un gioco, un gioco molto serio".