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domenica 12 marzo 2017

GLOSSARIO DI TECNICHE PITTORIALISTE


Tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento i fotografi "pittorialisti" utilizzarono differenti tecniche per creare un'immagine pittorica partendo dalla fotografie. L'intento era quello di elevare la fotografia al pari della pittura e della scultura.
Scopriamone le tecniche.

Gomma bicromatata: un foglio di carta è ricoperto da un sottile strato di una soluzione di gomma arabica e un pigmento a scelta. Con l'esposizione, a contatto con il negativo, la gomma arabica è resa insolubile proporzionalmente alla luce ricevuta. Il foglio è quindi immerso in acqua fredda nella quale la gomma non esposta si scioglie, e con essa viene asportato anche il pigmento.
Ozotipia: è un processo brevettato nel 1899. Un foglio ricoperto di gelatina viene sensibilizzato con una soluzione di bicromico e sale di manganese. Dopo l'esposizione a contatto di un negativo, il foglio è messo a contatto con un foglio di carta al pigmento impregnato di una soluzione di acido acetico e idrochinone. Si provoca così l'indurimento della gelatina pigmentata in modo proporzionale alle modificazioni prodotte dalla luce sullo strato contenente il bicromico. L'immagine è infine rivelata per mezzo dell'acqua calda.
Oleotipia: descritta nel 1904, è costituita da un foglio di carta, ricoperto di uno spesso strato di gelatina, sensibilizzato con il bicromico ed esposto alla luce sotto un negativo. Con l'esposizione, la gelatina si indurisce proporzionalmente alla luce ricevuta. Dopo un lungo lavaggio in acqua fredda, il foglio è asciugato superficialmente e, ancora umido, inchiostrato con un inchiostro grasso mediante un rullo o un apposito pennello. 
L'inchiostro aderirà alle parti più indurite e verrà respinto da quelle più gonfie d'acqua.
Bromolio: questa tecnica fu introdotto nel 1907. Un ingrandimento su carta commerciale all'argento viene sbiancato con un bagno che provoca il contemporaneo indurimento della gelatina. 
Dopo il rigonfiamento in acqua fredda, si può procedere all'inchistratura come per l'oleotipia.
Bromolio trasferto: il procedimento parte da un ingrandimento su carta al bromuro d'argento sbiancato da un bagno chimico che provoca il contemporaneo indurimento della gelatina. Dopo il rigonfiamento in acqua fredda, si può procedere all'inchiostratura  ottenendo così un brontolio che, nella versione "trasferto", sarà riportato su carta da disegno mediante un torchio da acquaforte.
Ozobromia (processo Carbro): è un processo precettato nel 1906. Una stampa all'argento viene imbevuta in una soluzione mediante la quale, messa a stretto contatto con una carta alla gelatina/pigmento, si provoca l'indurimento della gelatina pigmentata in modo proporzionale alla quantità d'artento nella stampa. Un lavaggio con acqua calda asporta la gelatina non indurita dall'azione del bagno.
Resinotipia: è un porcesso brevettato nel 1922. Un foglio di carta, ricoperto di uno spesso strato di gelatina, viene sensibilizzato con il bicromico ed esposto alla luce sotto un positivo. Con l'esposizione, la gelatina si comporta come per l'oleotipia. 

Dopo un lungo lavaggio in acqua fredda, il foglio è immerso per pochi minuti in acqua calda in modo che la gelatina raggiunga il suo massimo rigonfiamento. Il foglio viene poi asciugato superficialmente e cosparso, per mezzo di un pennello morbido, di una polvere composta da una fusione i resina e pigmento.
Stampa al carbone o ai pigmenti: un foglio di carta ricoperto di uno strato di gelatina pigmentata è sensibilizzato con bicromico ed esposto a contatto con un negativo. Dopo l'esposizione, il foglio viene accoppiato ad un altro, ricoperto di sola gelatina indurita e messo sotto dei pesi in modo che i 

due strati di gelatina si incollino l'uno con l'altro. Questo sandwich è immerso in acqua calda: la gelatina non esposta si scioglie permettendo così di asportare la carta che sosteneva la gelatina pigmentata.
Stampa al platino/stampa al palladio: E' un processo brevettato nel 1873, ma praticato solo intorno al 1880 con la nascita della Platinotype Company. La carta è sensibilizzata con un sale di ferro e contenente un sale di platino.
 Con l'esposizione a contatto con un negativo il ferro reagisce alla luce e con i bagni successivi provoca la formazione di un'immagine costituita da platino finemente suddiviso, di colore nero. Essendo un metallo inalterabile, la stampa mantiene immutate
le sfumature originali, al contrario delle stampe all'argento che possono deteriorarsi. 
A causa dei costi elevati del platino, nel 1916 si iniziò ad utilizzare il palladio, meno costoso. La caratteristica di inalterabilità permane, ma i toni delle stampe tendono al bruno.
Stampa bruna Van Dyke: è un tipo di stampa che all'inizio del Novecento veniva usata per riprodurre interrogativi di grande formato, a basso costo, per la riproduzione di documenti. La soluzione sensibile è costituita da un sale di ferro e nitrato d'argento. A contatto con un negativo, si forma un'immagine che necessita solo di acqua per il suo sviluppo completo, al quale segue un blando bagno di fissaggio.
Carta salata: è uno dei primi processi fotografici di stampa, coeva al dagherrotipo. Un foglio di carta è impregnato di una soluzione di cloruro di sodio, e successivamente resa sensibile pennellandola con nitrato d'argento. Esposta alla luce a contatto di un negativo, si forma un'immagine che necessita solo di un lavaggio in acqua e di un fissaggio.
L'immagine è formata da argento metallico finemente suddiviso e, per questo motivo, facilmente soggetta a degrado che però si può prevenire mediante un viraggio all'oro.
Cianotipia: è una tecnica risalente al 1842, ma non fu mai impiegata per molti decenni a causa del colore blu, poco gradito. Fu usata per fare copie di documenti dagli anni '80 dell'Ottocento fino agli anni '30 del Novecento, oppure per provini di contatto. Ciononostante, alcuni fotografi usarono ugualmente questa tecnica da sola o in combinazione con la stampa al platino/palladio. La carta viene preparata con una soluzione di citrato ferrico e ferricianuro di potassio. Dopo esposta, è sufficientemente sottoporla ad un lavaggio con acqua.
Autocromia: è il primo processo a colori facilmente praticabile, commercializzato dai fratelli Lumière nel 1907 e consiste in una diapositiva su vetro. Su una lastra di vetro viene fatta aderire una polvere costituita da granuli di fecola colorati con i tre colori complementari. Si chiudono gli interstizi con del nerofumo e si completa con la stesura di uno strato di gelatina al bromuro d'argento pancromatica. La lastra veniva sviluppata con la stessa modalità della diapositiva in b/n e allo stesso modo poteva essere osservata.
Accessori per lo sviluppo e la
stampa fotografica




Sostanze chimiche per lo sviluppo, il viraggio e la
stampa fotografia



Se nella negativa il fotografo ricerca ora "l'impressione" anziché l'accuratezza del dettaglio, è nei diversi trattamenti di stampa che egli può liberamente rendere l'espressione del proprio sentimento ... (Cesare Schiapparelli, "La Fotografia Artistica" 1909)

(Mostra Pittorialismo - Museo Nazionale del Cinema Torino - Alberto Novo Gruppo Rodolfo Namias)