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domenica 12 gennaio 2020

CHRISTIAN BOLTANSKI

Christian Boltanski (Parigi 1944) è un artista francese affermato a livello internazionale che, a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, ha sviluppato una ricerca incentrata sul senso dell'esistenza dell' uomo, sulla persistenza e sull'evanescenza della memoria collettiva ed individuale, sulla dimensione effimera dello scorrere del tempo e sulla storia conosciuta o anonima.
Come tutti gli artisti concettuali Boltanski realizza lavori che cercano di attivare la riflessione negli spettatori, lavora sulla memoria e sottopone il passato ad un attento esame, ricostruendo testimonianze e classificandole come reperti. In lui è costante lo sforzo di ricordare e documentare il vissuto e la quotidianità attraverso forme di catalogazione.
All'inizio delle sua carriera ha cercato di custodire la propria vita inserendone i reperti dentro scatole di biscotti o disponendole in vetrine che mostrano i documenti, gli attestati di quanto gli è accaduto, lettere d'amore insieme a fotografie, carte burocratiche e di lavoro.


Non potendo però ricorrere al prelievo diretto di tutti i documenti li ha ricostruiti per poi fotografarli. 
Così facendo si propone di trasformare la propria autobiografia "in quella degli altri che vi si riconoscono coi propri ricordi. Questa è la funzione dell'arte, l'artista diventa specchio e desiderio degli altri, diventa gli altri, non ha più esistenza propria" afferma, arrivando alla conclusione che "non si può più creare che scomparendo".
Riserva di svizzeri morti 
Negli anni successivi allarga la sua sfera d'interesse fino ad includere nelle opere reperti tratti dalla memoria collettiva e dalle grandi tragedie dell'umanità, costruendo veri e propri sacrari della memoria che prendono il nome di Riserve, Reliquiari  o Monumenti - ne sono un esempio Riserva di svizzeri morti del 1989 (contenente centinaia di foto di defunti recuperate dagli annunci mortuari di giornali elvetici); Reliquiario del 1990 (fotografie, scatole di biscotti, lampade e fili elettrici)  


Reliquiario
Terril Grand-Hornu del 2015 (un monumentale accumulo di vestiti neri di tessuto illuminato da una lampada)

Terril Grand-Hornu 
Si tratta di una monumentalizzazione della memoria della vastissima schiera di individui anonimi dimenticati dalla storia e dalla società.
Les Tombeaux - 1996
Boltanski scruta la vita delle persone e ciò che rimane dopo la loro morte non per farne riemergere il ricordo ma per mettere in evidenza la loro assenza, la loro scomparsa.
Boltanski ha elaborato anche varie altre suggestive e poetiche modalità di visualizzazione di fantasmi di esistenze anonime. Tra queste si possono citare Les Regards (2011) immagini semitrasparenti di volti fluttuanti stampate su fini tessuti che si muovono nell'ambiente

Les Regards 
Crépuscule
Crépuscule (2015) installazione a pavimento formata da un intrico di fili elettrici con piccole lampadine che brillano nel buio come struggenti anime vaganti. Ogni giorno in cui l'opera viene esposta una lampadina si spegne e l'opera che all'inizio è sfavillante, va progressivamente scurendosi facendoci riflettere sul passaggio del tempo e sulla precarietà dell'esistenza.
Di straordinaria intensità è il progetto in progress, iniziato negli anni Novanta, che si intitola Les archives du cœur, un archivio di registrazioni di battiti di cuore di innumerevoli individui, custodito in Giappone nell'isola Teshima, e presentato nelle varie mostre in forma di installazione sonora, come per esempio Cœur el 2006, una semplice ampolla pulsante collocata nel buio.
Boltanski realizza anche installazioni video come l'opera Animatas del 2014 presentato alla Biennale di Venezia nel 2015: nel cielo del deserto di Atacama, sulla costa cilena del Pacifico, c'è una distesa di campanelle giapponesi che oscillano dall'alto di lunghi steli metallici. La disposizione di queste 850 campanelle, collocate a formare una costellazione della buona fortuna, rappresenta la posizione delle stelle nell'emisfero meridionale la notte della nascita di Christina Boltanski (6 settembre 1944).
L'opera è stata realizzata con l'aiuto della popolazione di una comunità indigena ed è un riferimento agli altari dedicati ai morti e collocati lungo le strade in alcune zone del Cile. Per sentire il mormorio di questo grande ma delicato strumento che suona al minimo alito di vento, i visitatori della videoinstallazione che documenta l'opera si trovano immersi nel cuore del paesaggio cileno grazie a una proiezione grande quasi quanto la sala.
Attraverso Animatas, la delicata "musica del caso" , l'artista gioca ancora una volta con la memoria ed il ricordo, la storia personale e l'invocazione cosmica. L'opera di Boltanski, contrassegnata dalla ricerca di universalità e poesia, esplora le differenze tra autobiografia e auto-fiction, memoria e oblio,  individuale e collettivo ed ancora una volta tra vita e morte.


Al Centre Pompidou di Parigi fino al 16 marzo 2020  è visitabile la mostra "Faire son temps", non una retrospettiva ma un modo per approfondire aspetti della ricerca dell'artista dal punto di vista tematico e da quello delle invenzioni formali ed installative. Da non perdere...