



Si è concentrata sulle identità che abitano il mondo occidentale, quello del culto dell'immagine e del consumismo. Una serie di autoritratti per rappresentare gli altri. Una rappresentazione della sua idea non della sua immagine, infatti la Sherman vuole che la gente che guarda le sue opere non cerchi sotto il trucco e la parrucca un comune denominatore, il riconoscibile, ma vuole che le persone guardando i suoi lavori riconoscano qualcosa di se stesse e non di lei.
La sua opera mostra un'ambiguità tra realtà e finzione che la porta alla creazione di un mondo immaginario ispirato da ciò che la circonda e nel quale lo spettatore può riconoscersi.
A cavallo tra gli anni ottanta e novanta Cindy Sherman presenta una nuova serie: History portraits. Si tratta di un excursus storico attraverso i capolavori della storia dell'arte. Nel 1989 soggiorna per qualche mese a Roma e lì visita diversi musei della città, tornata a New York presenta 35 ritratti che, visti nel loro insieme, illustrano la rappresentazione del ritratto nella storia della cultura occidentale dal XV al XVII secolo .
Anche se il riferimento agli originali è facilmente rintracciabile, non si tratta di un semplice omaggio ai grandi artisti del passato, l'artista scava nelle piaghe del carattere o nella psicologia dei soggetti e in certi casi fa delle rivisitazioni della pittura antica in chiave comico - grottesca
la pittura viene citata con accuratezza nel costume, ma con un clamoroso pettorale posticcio da travestimento carnevalesco.
La Sherman rianima soggetti fissati nei capolavori della storia dell'arte come nel caso della Fornarina o del Ritratto di Elisabetta Gonzaga di Raffaello


Nel 2004 l'artista presenta una nuova serie, a oggi la più recente, sulla maschera dell'immaginario collettivo, il clown.

Cindy Sherman lo sceglie come sintesi della sua ricerca trentennale e lo usa come metafora della schizofrenia e delle paure della società occidentale, evidenziando i disagi della stessa divisa tra interno ed esterno proprio come il clown.