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mercoledì 11 novembre 2015

LA GRANDE MADRE

 
 
 

Al Palazzo Reale di Milano sino al 15 novembre 2015 è possibile visitare la mostra "La Grande Madre" a cura di Massimiliano Gioni che racconta l'iconografia della maternità lungo tutto il Novecento fino ai giorni nostri, attraverso l'opera di artisti internazionali suddivisi in 29 sale, in un costante scontro fra tradizione ed emancipazione.
Forse un po' artificiosamente, ma è l'unico difetto, si è voluto collegare la mostra all'Expo: la madre è, più di ogni altra, la figura che dà nutrimento, questo il rimando alla Nutrizione tema della grande Esposizione Universale.
Sulla madre si focalizzano tutte le opere in mostra, in un grande racconto collettivo che mette in scena  la relazione tra le donne ed il potere. 
Secondo quanto dichiarato dallo stesso curatore il tema centrale è proprio il potere delle donne, non solo quello generativo, ma quello a loro negato e poi  poco alla volta conquistato con la lotta che è avvenuta soprattutto nel secolo passato e che  ha provocato profonde trasformazioni nella cultura, nella società, nella percezione della sessualità, dei generi, del corpo e dei suoi desideri. Il corpo della donna è stato un vero e proprio campo di battaglia sul quale si sono operati mutamenti epocali.
Venere di Willendorf
Il culto per una divinità femminile legata alle potenze della terra, simbolo di forza generatrice, capace di proteggere e nutrire si trova già in età preistorica e viene definita la Grande Madre. La mostra di Palazzo Reale si apre con una collezione di immagini femminili del passato, veneri, madri, matrone, divinità preistoriche che  Olga Fröbe-Kapteyn raccolse in uno sterminato archivio. Fu a questa documentazione che Carl Gustav Jung e Erich Neumann attinsero per le loro ricerche sull'archetipo psicologico della Grande Madre, mentre storici ed antropologi vi si rivolsero per studiare le culture matriarcali.
Self portrait/Nursing 2004
Pregnant image 1988-1990
Analizzando l'immagine della Venere di Willendorf, risalente a 26 mila anni fa, si può notare come la raffigurazione di una donna con caratteristiche esagerate, il ventre ed il seno molto pronunciati ci rimandino agli autoritratti dell'artista Catherine Opie che allatta o alla figura femminile dipinta da Marlene Dumas, dimostrazione del fatto che la rappresentazione della femminilità pur attraversando i millenni, ha mantenuto le stesse caratteristiche iconografiche.
La connessione profonda che lega la maternità alla natura, alla terra e alla fertilità è un tema ricorrente in molti miti e tradizioni di culture diverse. Anche nel corso del '900 molti artisti utilizzeranno questo tema per realizzare le loro opere e ne sono un esempio Lucio Fontana con le sue nature e forme biologiche e Ana Mendieta con le sue divinità primordiali

Ma è in particolare nel Novecento che si possono trovare scottanti tematiche prettamente legate al femminile, per evidenziare la peculiarità di genere, per costruire ruoli ed identità, per rivendicare diritti.
E' dell'inizio di questo secolo la pubblicazione di L'interpretazione dei sogni di Sigmund Freud punto di partenza per la diffusione della psicoanalisi: il baratro dell'inconscio viene spalancato e le dinamiche della relazione materna si trasformano nel racconto drammatico del complesso di Edipo. Freud scrive scandalosamente che "l'anatomia è il destino" e a questo risponde Simone de Beauvoir con il suo libro "Il secondo sesso" del 1949 che sarà il polo entro cui si muoverà il lavoro di tante artiste di quel secolo: donne non si nasce, lo si diventa.
E' in questo contesto culturale e storico che devono essere collocate le opere della mostra di Milano che segue un criterio cronologico.

Partendo dalle foto sulla maternità di Gertrude Käsebier e dai film di Alice Guy-Blaché (prima regista donna), la rassegna si sofferma sulle avanguardie storiche, nelle quali il ruolo della donna è spesso controverso.
Le donne del Futurismo promuovono nuovi modelli di femminilità e di emancipazione , immaginando nuove relazioni tra i sessi e mentre Tommaso Marinetti inneggiava al suo disprezzo e scriveva "Come si seducono le donne" , Valentine de Saint-Point nel 1912 rispondeva scrivendo il "Manifesto della donna futurista" .
La danzatrice realizzata nel 1930 dalla giovane artista Regina che avvicina il suo lavoro agli ideali formali di Boccioni è una piccola ballerina realizzata in lamina di alluminio.
La scultura dalle linee semplificate racchiude in sè la leggerezza aerodinamica e  ricorda un automa o una piccola ballerina da carillon ritagliata nel materiale tagliente  della fusoliera di un aeroplano. Il culto futurista della velocità e della tecnologia si coniuga qui con un gusto giocoso, da casa di bambole  

Negli stessi anni altri artisti dell'avanguardia Futurista e Dada immaginano un'umanità di manichini e robot impegnati in balletti meccanici e accoppiamenti inediti di biologia e tecnologia, in cui la macchina è descritta come donna e oggetto erotico.

Mentre il Dadaismo auspicava la creazione di una donna meccanica, il Surrealismo subiva la fascinazione del mito femminile e proclamava la donna musa. Presenti in nostra opere di Marchel Duchamp ma anche della sorella Susanne Duchamp, di Max Ernst e di Frida Kahlo
La cerva ferita 1946 Frida Kahlo
Scene del cinema muto e spezzoni di documentari di epoca fascista sulla mussoliniana politica delle nascite fanno da contraltare alle opere.
Phallic Girl - 1967 Yayoi Kusama
Dopo una selezione di opere di Louise Bourgeois, la mostra prosegue con le artiste che, negli anni '60 e '70, cominciarono a riscattare il corpo delle donne dal suo ruolo di oggetto della sguardo maschile: Magdalena Abakanowicz, Doroty Iannone, Yayoi Kusama , Ana Mendieta, Marisa Merz.

Succhia il mio seno sono, sono
 la tua bellissima madre 1970-71
Con l'emergere dei movimenti femministi, anche nel mondo dell'arte si riflette sui ruoli all'inteno della famiglia, e della casa e lo spazio domestico è spesso descritto come luogo di ingiustizie: lo raccontano tra le altre Yoko Ono e Dorotty Iannone Gli anni Ottanta sono il momento in cui le artiste si riappropriano delle iconografie della storia dell'arte e giocano con sovrapposizioni e mescolanze, come nel caso di Katharina Fritsch e Cindy Sherman

Katharina Fritsch 1987
Cindy Sherman - Ritratti storici
1988-1990



Rineke Dijkstra 1994
Mentre negli anni '90 prevale un linguaggio più aggressivo ed esplicito, come quello di Rineke Dijkstra ,Sarah Lucas, Catherine Opie, Marlene Dumas. Più di recente la biologia viene stravolta dalla tecnologia ed il risultato è la creazione di una realtà post-umana dai tratti inquietanti, come nel caso del video di Nathalie Djurberg, i cui personaggi di plastilina mettono in scena situazioni di sottile violenza e perversione erotica
 
Lungo tutto questo percorso, la madre non è più solo colei che dà la vita, ma una figura capace di raccogliere ed incarnare proiezioni, desideri, angosce, miti personali e collettivi, che soltanto le immagini dell'arte riescono ad esprimere.