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domenica 5 agosto 2018

I MIEI NONNI, I MIEI GENITORI E IO - Frida Kahalo


Nel 1936 Frida Kahlo dipinge la sua nascita e il suo albero genealogico in un quadro intitolato "I miei nonni, i miei genitori e io".
La rappresentazione che dà di sé è quella di una bimbetta nuda (dell'età di due anni, secondo quanto dirà) ed assorta in se stessa, in piedi nel patio della casa blu; ha ai piedi una seggiolino-giocattolo e in mano, senza difficoltà come se si trattasse del filo di un palloncino appena avuto in premio, tiene un nastro cremisi, la linea ereditaria del sangue, che sostiene il suo albero genealogico.
I ritratti dei suoi genitori si basano su una fotografia del matrimonio, in cui i due fluttuano come angeli in cielo, incorniciati da un'aureola di nubi. Questa convenzione fotografica vecchio stile deve aver divertito Frida: nel dipinto i tratti dei nonni sono infatti appoggiati su analoghi, soffici nidi cumuliformi.
I nonni materni di Frida, l'indiano Antonio Calderon e la gachupina (di estrazione spagnola) Isabel Gonzales Y Gonzales, sono posti sopra la madre. Dalla parte del padre c'è la coppia europea Jakob Heinrich Kahlo e Henriette Kaufmann Kahlo.
Sull'origine della caratteristica fisica di Frida non ci possono essere dubbi: le pesanti sopracciglia unite al centro le vengono dalla nonna paterna. Frida disse che somigliava ad entrambi i genitori:"ho gli occhi di mio padre e il corpo di mia madre".
Nel quadro Guillermo Kahlo ha uno sguardo agitato, penetrante, che mette a disagio, uno sguardo che, nella sua inquietante intensità, ricomparirà più avanti negli occhi della figlia.
Dalla fotografia originale Frida ha diligentemente copiato ogni piega, cucitura e fiocco del vestito della madre, creando uno scherzoso piedistallo per il feto rosa, già in fase avanzata di sviluppo, che le sta appoggiato sulla bianca gonna verginale.
Il feto è Frida; che possa anche essere un riferimento alla possibilità che la madre, all'epoca del matrimonio, fosse incinta è tipico del gusto di Frida per i significati plurimi.
Al di sotto del feto c'è un ironico ritratto matrimoniale : un grosso spermatozoo, accompagnato da una schiera di concorrenti più piccoli, penetra un uovo: Frida al momento del concepimento.
Poco più in là c'è un'altra scena di fecondazione: un fiore di cactus rosso, a forma di U,che si apre per cogliere il polline trasportato dal vento.
Frida ha collocato la sua casa non alla periferia della città del Messico, ma in una radura costellata di cactus dell'altopiano centrale messicano.
In lontananza ci sono le montagne incise di burroni che spesso fanno da sfondo paesaggistico ai suoi autoritratti; subito sotto le immagini dei nonni paterni c'è l'oceano.
I nonni messicani - secondo quanto spiegherà Frida - sono simboleggiati dalla terra, quelli tedeschi dal mare.
Contigua alla residenza die Kahlo c'è un'umile casa messicana e al di là, in un campo, c'è un'abitazione ancora più primitiva, una capanna indiana fatta di mattoni cotti dal sole.
Come farebbe un bambino, l'artista ha sussulto l'intera Coyoacàn nella propria casa, che ha poi collocato lontano dal resto della realtà, in una landa selvaggia.
Frida sta in piedi al centro della sua casa, al centro del Messico, al centro - viene da pensare - del mondo.

(tratto da FRIDA - Vita di Frida Kahlo di Hayden Herrera - BCD editore)

venerdì 3 agosto 2018

I SETTE PALAZZI CELESTI - Anselm Kiefer

I Sette Palazzi Celesti di Anselm Kiefer è un'installazione site - specific permanente, realizzata nel 2004 in occasione dell'apertura di Pirelli Hangar Bicocca da un progetto di Lia Rumma.


L'opera deve il suo nome ai Palazzi descritti nell'antico trattato ebraico Sefer Hechalot, il Libro dei Palazzi/Santuari risalente IV-V secolo d.C. in cui si narra il simbolico cammino d'iniziazione spirituale di colui che vuole avvicinarsi al cospetto i Dio.
Le sette torri, del peso di 90 tonnellate ciascuna di altezze variabili tra i 14 e i 18 metri, sono realizzate in cemento armato utilizzando come elementi costruttivi moduli angolari dei container per il trasporto delle merci.
L'artista ha inserito tra i vari piani di ciascuna torre libri e cunei in piombo che, comprimendosi sotto il peso del cemento, garantiscono maggiormente la staticità delle strutture.
Per Kiefer l'utilizzo di questo metallo non ha solo un valore funzionale, ma anche simbolico: il piombo, infatti, è considerato nella tradizione materia della malinconia.
I Sette Palazzi Celesti rappresentano un punto d'arrivo dell'intero lavoro dell'artista e sintetizzano i suoi temi principali proiettandoli in una nuova dimensione fuori dal tempo: l'interpretazione dell'antica religione ebraica; la rappresentazione delle rovine dell'occidente dopo la Seconda guerra mondiale; la proiezione in un futuro possibile da cui l'artista ci invita a guardare il nostro presente.
Cinque grandi tele realizzate il 2009 e i 2013,arricchiscono e ampliano l'installazione permanente di Anselm Kiefer.
Le opere pittoriche formano un'insieme con le torri ma approfondiscono la pratica artistica di Kiefer evidenziando riflessioni centrali sulla poetica, come la relazione tra uomo e natura e i riferimenti alla storia e della filosofia occidentale. 


Die Deutsche Heillinie 2012-2013

In questo modo il visitatore ha la possibilità di attraversare lo spazio delle torri e fruire dei lavori pittorici esplorando prospettive inedite create dal dialogo tra quadri ed installazioni.




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Anselm Kiefer nato a Donaueschingen in Germania nel 1945, dopo gli studi in legge e in letteratura, si dedica all'arte. I suoi primi lavori, realizzati nella seconda metà degli anni Sessanta, sono influenzati dal gesto e dall'opera di Joseph Buys. Tra il 1993 e i 2007 si trasferisce a Barjac, nel sud della Francia, dove trasforma una fabbrica di seta di 350.000 metri quadri nella sua casa studio. 
Oggi vive e lavora a Croissy e a Parigi, ma molte della use grandi installazioni sono ancora custodite a Barjac,in una sorta di museo personale e opera d'arte totale.        
Nel 1971 realizza il suo primo quadro di grandi dimensioni, in cui rilegge la recente storia tedesca, attraverso riferimenti alla filosofia e alla mitologia teutonica. I suoi interessi per l'alchimia lo portano ad inserire nelle sue opere materiali simbolici e naturali, come piombo, sabbia, paglia e semi. Dopo un viaggio a Gerusalemme nel 1984, Kiefer rimane affascinato dalla tradizione mistica ebraica della Cabala, che diventerà uno dei temi ricorrenti della sua opera. Intraprende viaggi in Egitto, Yemen, Brasile, India e America Centrale alla ricerca di segni delle antiche civiltà scomparse, che pone al centro della sua ricerca artistica a partire dagli anni Novanta. In questo periodo le grandi costruzioni architettoniche del passato, come piramidi egizie e ziggurat associo-babilonesi, vengono rappresentate dall'artista come rovine, simbolo della sconfitta inevitabile dell'ambizione dell'uomo che tenta di elevarsi verso uno stadio superiore e quasi divino.