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lunedì 24 ottobre 2016

CARLO PITTARA E LA SCUOLA DI RIVARA - Fondazione Accorsi-Ometto fino al 15 gennaio 2016



Carlo Pittara
Il Museo Accorsi-Ometto presenta un'esposizione di circa 70 opere che esplorano il percorso artistico di quei pittori che, a vario titolo e in tempi diversi, frequentarono il "cenacolo di Rivara" animato dalla figura di Carlo Pittara.
Sulla scia dei pittori francesi che nella seconda metà dell'Ottocento si erano dedicati alla pittura realista  attingendo a scene di vita quotidiana perché stanchi dei modelli proposti dalle Accademie delle Belle Arti che richiedevano la realizzazione di opere a soggetto mitologico, religioso o storico, i pittori piemontesi furono tra i primi a recepire il nuovo stile di pittura e ciò grazie ad artisti come Carlo Pittara, che negli anni Cinquanta del secolo soggiornarono nella capitale francese. La scoperta della pittura di paesaggio francese en plein air, della scuola di Barbizon e di Corot aprì quindi la strada alla pittura "dal vero".
Accanto alla figura chiave di Carlo Pittara, in mostra sono presenti altri undici artisti provenienti da diverse regioni italiane come Vittorio Avondo, Ernesto Bertea, Federico Pastoris, Ernesto Rayper, Alberto Issel, Giovanni Battista Carpanetto, Adolfo Dalbesio, Francesco Romero, Antenore Soldi oltre agli iberici D'Andrade e De Avendaño.

Ernesto Reyper
Questo gruppo di amici si ritrovavano in estate ed in autunno per dipingere insieme a Rivara accolti nella villa e nel castello del cognato di Pittara, il banchiere Carlo Ogliani (ancora oggi vivo centro d'arte contemporanea).



Nacque così quella che fu definita la  "Scuola di Rivara" sede tra il 1860 e il 1877 di un "cenacolo" di artisti goliardici, amanti del buoni cibo e della scampagnate, delle contadinotte e delle prime escursioni in alta montagna. In questo idilliaco paese del Canavese posto presso le Alpi constatarono che un prato, dipinto dal vero, si doveva fare spremendo il tubetto del verde e non quello dell'ocra gialla come si faceva in studio e come l'accademia comandava di fare.




Serafin De Avendaño
Durante gli anni di attività del cenacolo di Rivara tutti i componenti della scuola produssero numerosissimi dipinti, mirando sempre a rappresentare il vero: dagli scorci di paesaggio rurale che si aprivano davanti agli occhi, ai momenti di vita contadina, alla quiete dei boschi, alla serenità delle montagne.
Scriveva Alfredo D'Andrade: "volete sapere come i De Avendaño, i D'Andrade, i Pittara, i Rayper dipingono i loro quadri? Essi vogliono rappresentare la campagna: ebbene cominciano con l'andare a trovarla portandosi verso i luoghi che più si confanno ai loro gusti ed ora li scelgono sassosi, ora erbosi, ora montuosi, ora piatti o sulla collina o in riva al mare. Giunti sul posto, eccoli con cartelle, lapis, cercando soggetti. Fanno cento schizzi per trovare il motivo, la linea, il chiaroscuro, l'eleganza ..."


Alberto Issel

Il momento di maggiore vitalità e di fulgore fu a cavallo del 1870: in questi anni l'attenzione si focalizzò su scene di animali come in Ritorno all'ovile, L'abbeveratoio della sera o In villa


Ernesto Reyper
ma il sodalizio iniziò a dissolversi dal 1873, anno segnato dalla precoce morte di Rayper.
Pittara stesso si allontanerà sempre più da Rivara per ripetuti e lunghi soggiorni a Roma nel 1877 e a Parigi nel 1880. In seguito a queste esperienze rinnoverà le sue tecniche, attingendo alle eleganti scene di gusto borghese parigino, come nel dipinto Ai Champs Elysées 
Carlo Pittara
e con l'utilizzo di colori più vivaci e brillanti.
De Avendaño e Issel passarono da una pittura suggestiva di gusto romantico ad una più vera, caratterizzata da un'intensa luminosità.
Carlo Pittara

Pastoris e Avondo vennero progressivamente attratti dalla pittura di scene medioevali ricostruite nei castelli valdostani (Avondo acquista quello di Issogne), mentre D'Andrade, divenuto soprintendente di Liguria e Piemonte, si interessò al restauro e allo studio dei monumenti del Medioevo pedemontano, che lo portarono alla realizzazione di molte opere, tra cui il Borgo Medioevale a Torino.






Carpanetto e Dalbesio infine risentirono delle novità artistiche di fine secolo, approdando ad una pittura più sfatta e brillante e privilegiando scene di interni borghesi, come nel dipinto intitolato "Critici gentili"


Giovanni Battista Carpanetto
Terminò così quel momento magico della pittura piemontese, ligure e lombarda  della seconda metà dell'Ottocento, caratterizzata dall'espressione giovanile e sincera della realtà, lontana dalla ridondanza della pittura di storia e i ritardi di gusto dell'insegnamento accademico.