Giacomo Balla nasce a Torino nel 1871 in via Moncalieri nel
poverissimo borgo del Rubatto posto lungo le rive del Po proprio sotto il monte dei Cappuccini.
Nel borgo, che probabilmente prese il nome dalla famiglia che un tempo ne deteneva i terreni, venivano svolte attività legate al fiume ed in particolare era significativa la presenza di lavandai e lavandaie.
Alcune foto presenti in mostra ci mostrano i borghi come erano all'epoca: sono gli scatti di Mario Gabinio, giovane fotografo amatore, anch'egli torinese e coetaneo di Balla. Egli produsse una raccolta fotografica documentaria dal titolo "Torino che scompare" che presentò nel 1910 alla prima Esposizione Internazionale della Società Fotografica Subalpina.
Gabinio concentrava l'attenzione sulla realtà dei sobborghi torinesi e i vicoli del centro storico testimoniando, nella scelta dei soggetti e nel taglio quasi da reportage, una Torino quotidina e dimessa.
Questa raccolta dall'aspetto insolitamente anti-celebrativo, rappresentava una novità nel panorama della fotografia piemontese ed italiana ma si coniugava molto bene con la pittura locale dedicata in quegli anni alla città: lo dimostrano le opere di Francesco Garrone in cui la minuzia dell'osservazione al binocolo e la predilezione tutta fotografica per le prospettive urbane restano un caso unico.
Dal 1886 al 1891 Giacomo Balla frequenta la Regia Accademia Albertina di Torino, ottenendo buoni risultati nel disegno dal gesso, dalla stampa, dalla statua e si iscrive al corso superiore di Ornato e Plastica (in mostra alcune fotografie testimoniano la presenza dell'Accademia Albertina all'Esposizione Nazionale allestita a Torino nel 1898).
Professore dell'Accademia dal 1889 è Giacomo Grosso che in quel periodo acquista la fama e l'autorevolezza che lo faranno protagonista della scena torinese per almeno trent'anni. Per gli allievi e per lo stesso Balla, Grosso rappresenta da un lato una sapiente e solida competenza tecnico-esecutiva, dall'altro una tradizione che mostra i suoi limiti e stimola la ricerca di alternative più moderne.
La difficile situazione famigliare ed economica obbligano Balla a precoci esperienze lavorative che lo mettono in contatto con il mondo della tecnica: nel 1889 è presso il litografo Pietro Cassina e nel 1891 nello studio fotografico Bertieri. Quest'esperienza sarà importante per lui quanto l'educazione artistica, la fotografia infatti influenzerà il linguaggio figurativo di Balla fin dalle prime opere romane: taglio audace dell'immagine, freddezza della descrizione, chiaroscuro drammatico e un'attenzione al dato luminoso che condurrà naturalmente al divisionismo.
Un particolare rilievo per Balla assunse la conoscenza dell'opera di Giuseppe Pellizza da Volpedo importante riferimento per il divisionismo che adotterà a Roma (dove si trasferisce nel 1895) e che, accanto al fondamentale viaggio compiuto a Parigi nel 1900, pone le premesse del suo divenire figura di punta della scena romana. Molti intellettuali infatti frequentarono il suo studio che divenne punto di riferimento anche per Boccioni e Severini suoi compagni poi nell'avventura futurista.
Su invito di Boccioni, infatti nel 1910 firmerà il Manifesto dei pittori futuristi e due mesi dopo il Manifesto tecnico della pittura futurista.
La mostra PROTOBALLA - La Torino del giovane Balla e' visitabile alla Galleria d'Arte Moderna di Torino sino al 27 febbraio 2017. Sono esposte anche opere di Federico Boccardo, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Pilade Bertieri, Felice Carena e Antonio Maria Mucchi oltre a riproduzioni di documenti di Giacomo Balla conservati all'Accademia Albertina di Torino.
"Balla futurista torinese, altezza 1,60, anni 39, peso 67 ch., carnagione rosea, occhi cilestri, barba ramata, capelli castani, temperamento non si sa mai, mangia e veste a modo suo, conclusione prezzo al quadro lire 2000" (taccuino di Balla - note del 1910)