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venerdì 20 novembre 2015

Christian Boltanski. DOPO




Fino al 31 gennaio 2016 è visitabile presso la Fondazione Merz la mostra Cristian Boltanski. DOPO
Nato a Parigi nel 1944 è un artista concettuale francese 

che mette al centro delle sue riflessioni la problematica del tempo, nel suo lavoro è costante lo sforzo di ricordare e documentare il vissuto e la quotidianità attraverso forme di catalogazione.

Boltanski lavora sulla memoria e sottopone il passato ad un attento esame, ricostruendo testimonianze e classificandole come reperti.
Vitrine de référence 1971
All'inizio della sua carriera cerca di custodire la propria vita inserendone i reperti dentro scatole di biscotti o disponendoli in vetrine che mostrano documenti, gli attestati di quanto gli è accaduto, lettere d'amore insieme a fotografie, carte burocratiche e di lavoro. Non potendo però ricorrere al prelievo diretto di tutti i documenti del passato, li ricostruisce per poi fotografarli. Così facendo si propone di trasformare la propria autobiografia in quella degli altri, che vi si riconoscono coi propri ricordi. 
Questa è la funzione dell'arte secondo Boltanski: l'artista diventa specchio e desiderio degli altri, diventa gli altri e non ha più un'esistenza propria. Come egli afferma "non si può creare che scomparendo".
Negli anni successivi allarga la sfera d'interesse fino a includere nelle opere reperti tratti dalla memoria collettiva e dalle grandi tragedie dell'umanità, costruendo veri e propri sacrari alla memoria.
Monument Les Enfants de Dijon - 1985
Il carattere scenografico di questi altari deriva dall'uso di fioche lampadine che illuminano le fotografie dei volti dei protagonisti scomparsi.
Presente quest'anno alla Biennale di Venezia con la video installazione Animitas del 2014, un lavoro fatto in Cile nel deserto di Atacama. L'artista ha installato 300 campanelli sulla cima di alcune piante che, mosse dal vento creano una musica che sembra venire dal cielo, qualcosa di celestiale. Il deserto di Atacama è il posto migliore per vedere le stelle e lì ha prodotto lo sky map della notte in cui è nato. Allo stesso tempo il luogo scelto è una sorta di cimitero delle anime dove Pinochet abbandonava le persone per farle sparire completamente e per questo è un posto particolare: abbraccia la terra e il cielo sotto il quale ci sono i resti di coloro che lottarono contro la dittatura.
Christian Boltanski riesce a parlare degli eventi e delle vite che si rincorrono nel tempo, della casualità del loro succedersi e a riconnettere presente e vissuti in un esercizio costante che permette di non dimenticare, giocando con la storia personale e l'invocazione cosmica.
La mostra DOPO si sviluppa nell'intero spazio della Fondazione Merz ed è concepita come un'installazione totale e coinvolgente.
E' un unico racconto corale che parla alla memoria collettiva ed individuale, che sa unire passato e presente e che sa ricongiungere la Storia alla vita di ciascuno.
Il percorso espositivo si apre con una grande installazione composta di circa 200 grandi fotografie stampate su tessuto, sospese al soffitto e in continuo movimento nello spazio.
I volti e le immagini di piccole quotidianità arrivano dall'archivio personale dell'artista che negli anni ha raccolto storie concentrate in sguardi, ritratti e scatti apparentemente colti di sfuggita.
Il moto continuo impresso nelle immagini sospese nel vuoto è un invito a lasciarsi andare al flusso del tempo e della memoria. Le foto girano come i fatti della vita, si può decidere di inseguirle con lo sguardo o muoversi con e dentro di loro, ma poi alla fine bisogna lasciarle andare e pensare al dopo. Per chi rimane e per chi è andato via, il dopo è sempre il risultato di quanto è accaduto prima e dunque Boltanski ci invita alla consapevolezza e non all'ossessione.
Sequenze rapide di foto che si prestano al gioco del tempo (il volto sullo schermo si trasforma,  l'artista da bambino diventa un uomo) e ombre che a sorpresa appaiono in mostra insistono sulla precarietà umana, nel tentativo di trattenere ciò che sfugge ma soprattutto sul coinvolgimento individuale nella narrazione collettiva che si chiama vita, storia, pensiero.
Proseguendo nel percorso una platea ci guarda e ci invita a scendere le scale che portano al piano inferiore e ad entrare, sottolineando il nostro passaggio con un applauso.
Discesa la rampa di scale ci si imbatte infine in scatole di cartone ricoperte di cellopane. Esse prendono possesso dello spazio, impilate una sull'altra senza schema apparente, formano costruzioni di dimensioni differenti. 
Instabili torri, archivi scomposti, evoluzione delle boites de biscuits care a Boltanski, poggiano a terra come dimenticate e appena rischiarate dalla luce delle lampadine che da lontano scrivono DOPO nel buio.
La memoria è lì ed attende solo di essere riattivata, aprendo cassetti, cercando nelle storie comuni, giocando con i rimandi nel presente...