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sabato 24 ottobre 2015

CHE FINE HANNO FATTO LE STATUE CELEBRATIVE??


L'Arte è anche celebrativa ma da tempo si è cominciato a parlare di crisi del monumento, di contro-monumento o di non-monumentalità della scultura.
Tra i motivi principali di questo cambiamento ci sono, da un lato il rinnovamento della scultura e dall'altro il modificarsi dei valori comuni. Inoltre va anche ricordato che la fotografia ed i mass media hanno sottratto all'artista il primato della narrazione storica.
Monumento al Traforo del Frejus - 1879
Piazza Statuto Torino
In una società sempre più multietnica ed esposta a repentini sconvolgimenti, i valori universalmente condivisibili si contano sulle dita di una mano: convivenza pacifica, solidarietà, il bisogno di libertà e democrazie, il rispetto del prossimo ...  Questa è una delle ragioni per cui si assiste sempre più frequentemente all'abbattimento dei monumenti e non alla loro elevazione.
Pensiamo alla primavera araba o al crollo dell'Unione Sovietica negli anni Novanta: le prime scene di ribellione e di liberazione riguardano proprio la distruzione di simboli del potere e dell'autorità, dalle statue di Stalin e Lenin a quelle di    
Gheddafi e di Saddam Hussein
Karbala: cittadini iracheni sulla statua abbattuta
di Saddam Hussein
Si pensi anche alla forza iconica e liberatoria di un gesto come lo smantellamento del Muro di Berlino, preso a picconate dagli stessi cittadini con il dissolversi della divisione tra Germania Est e Ovest nel 1989

Un esempio in questa direzione può essere il lavoro dell'artista lituano Deimantas Narkevicius, che ha come filo conduttore la memoria collettiva, in particolare le vicissitudini attraversate dal suo popolo all'interno di una storia più grande, quella del comunismo. Tra i suoi progetti troviamo  Once in the XX Century (2004) un commento ironico alle ideologie totalitariste: servendosi di materiali video d'archivio, l'artista ha ricostruito, rovesciandolo, il racconto della demolizione di una gigantesca statua di Lenin a Vilnius la sua città.
Invece di guardare la testimonianza storica della sua caduta, lo spettatore si trova di fronte a una finzione, ovvero il riallestimento di quel monumento, ed è invitato a riflettere criticamente sull'ideologia e sull'iconografia del regime comunista.
Come ulteriori prove dell'azzeramento del ruolo commemorativo della scultura, si possono citare alcuni dei progetti presentati nell'ambito del programma di arte pubblica per Trafalgar Square a Londra.
Dal momento che uno dei quattro plinti della piazza su cui si affaccia anche la National Gallery è rimasto primo di statue, nel 1998 la città decise di colmare quel vuoto commissionando, di anno in anno, una serie di opere da presentare a rotazione: così su quel piedistallo neoclassico sono saliti, tra gli altri, un parallelepipedo di resina trasparente di Rachel Whiteread (2001) 

il ritratto marmoreo di una donna focomelica e incinta di otto mesi, l'artista Alison Lapper, di Marc Quinn (2005)
un bambino sul cavallo a dondolo in bronzo dorato del duo Elmgreen e Dragset (2012)
Queste opere hanno reinterpretato la statuaria tradizionale introducendo come temi principali, in ordine: l'assenza, la deformazione e lo scherno.
Avere il coraggio di portarli alla ribalta in quel modo, averlo fatto su quel plinto, celebrativo in senso tradizionale, ha aumentato la portata dell'impegno. Quando si trova a doversi confrontare con il presente o la storia, l'artista ha ancora un ruolo molto importante, quello di testimone e commentatore.
Dopo i fallimenti delle ideologie novecentesche, dal fascismo al comunismo, il suo impegno etico ha attraversato una legittima rimessa  a fuoco delle priorità: l'appoggio che in molti hanno dato alle convinzioni politiche è stato sostituito dal sostegno a principi di carattere universale, come la difesa della democrazia e della dignità umana.
In questo senso l'artista ha ancora un'indispensabile missione sociale, così come è stato per Goya con Il 3 maggio 1808: fucilazione alla Montaña del Principe Pio (1814)


per Delacroix con La libertà guida il popolo (1830)


per Picasso con Massacro in Corea (1951)


(le mie letture: tratto da "L'arte contemporanea" di Angela Vettese)

... ma l'artista deve avere un ruolo sociale o deve solo creare arte?
La Biennale di Venezia 2015 si è basata sul Capitale di Marx, ultimo esempio di come i curatori siano sempre più attenti alle questioni politico-sociali del nostro tempo mentre gli artisti delle ultime generazioni sembrano meno inclini all'impegno rispetto a quelli degli anni Sessanta e Settanta.




domenica 18 ottobre 2015

Le Déjeuner sur l'herbe - Claude Monet

Nonostante questa sia l'opera giovanile di Monet più importante, la sua storia ha aspetti ancora poco chiari.
Nella primavera del 1865 Monet parte per Chailly dove si stabilisce con la fidanzata Camille Doncieux e comincia a lavorare a studi di un paesaggio nella foresta entro cui ambientare la scena di un pic-nic: questi studi mostrano una totale padronanza nella resa degli effetti della luce naturale, ma sono opere preparatorie ai fini di un dipinto talmente gigantesche (cm. 400 x 600) che poteva essere condotto a termine soltanto in studio.
Frédéric Bazille (suo amico e pittore anche lui) posò per tutte le figure maschili, Camille per quelle femminili.
Dopo una serie di studi dal vivo Monet, tornato a Parigi in settembre, inizia a dipingere il grande quadro in atelier. Tuttavia dopo alcuni mesi nell'aprile del 1866, interrompe i lavori: non avrebbe fatto più in tempo ad ultimare l'opera per presentarla al Salon, ed è verosimile che la versione più piccola del quadro (oggi conservata al Museo Pushkin di Mosca)


costituisca un tentativo in extremis compiuto da Monet per esporre almeno una versione del dipinto, di dimensioni assai contenute (cm. 130 x 181).
Dopo l'esecuzione del quadro del Pushkin l'originale  venne rimaneggiato, infatti il personaggio maschile del gruppo centrale (seduto a sinistra) non somiglia più al lungo ed allampanato Bazille, ma si è fatto corpulento e più agghindato. Qualcuno vi ha voluto riconoscere un ritratto di Courbet, ma i baffi arricciati all'insù, gli abiti eleganti e la posa artificiale rendono la cosa improbabile.
Accanto a Manet, Courbet è tuttavia una delle fonti importanti del Déjeuner sur l'herbe: l'idea di figure nel paesaggio declinate nella scala monumentale propria della pittura di storia è, inizialmente, un'idea courbettiana,e l'affollamento dei personaggi in primo piano fa pensare a 
Un funerale a Ornans (1849-50).
Da quanto riferiscono le fonti sembra che il più anziano pittore avesse avanzato qualche dubbio sulla validità generale del suo quadro ed avesse indotto Monet ad apportavi dei cambiamenti rivelatisi poi insoddisfacenti.
Il giudizio non totalmente positivo di Courbet potrebbe spiegare perché Monet abbia deciso di abbandonare il grande quadro senza più mettervi mano. Altra motivazione potrebbe essere la differenza avvertita da Monet tra la pittura all'aria aperta e la pittura in studio, rispetto a cui qualche tempo dopo troverà una soluzione.
La Colazione sull'erba rimane in possesso di Monet per più di dieci anni prima di essere dato nel 1878 a uno dei padroni di casa del pittore come pegno per un affitto non pagato.
Il quadro lasciato in cantina, all'umido, presumibilmente piegato o arrotolato, si danneggia. Monet lo recupera solo nel 1884 e in questo momento, probabilmente, elimina le parti danneggiate dalla lunga permanenza in condizioni sfavorevoli e conserva solo due frammenti in buono stato: la parte centrale con il picnic, e un secondo frammento con tre figure, una maschile e due femminili, originariamente situate sul lato sinistro della composizione.
Queste due porzioni, ora conservate al Musée d'Orsa a Parigi, sono quanto ci resta del grande capolavoro  e quindi per comprendere l'aspetto generale dell'opera bisogna riferirsi alla versione del Museo Pushkin di Mosca.



giovedì 15 ottobre 2015

MONET a Torino (GAM 2/10/15-14/2/16)




Alla Gam di Torino dal 2 ottobre 2015 al 31 gennaio 2016 (prorogata al 14/2/2016) la mostra Monet Dalle Collezioni del Musée D'Orsay.
Un'esposizione di opere che consente di mettere a fuoco alcuni tratti decisivi della complessa evoluzione del percorso artistico di Claude Monet, evidenziando la varietà e la qualità della sua tecnica pittorica, concentrando lo sguardo su temi e innovative soluzioni che ne hanno fatto uno dei padri dell'arte moderna.
Nato a Parigi il 14 novembre 1840, cresciuto a Le Havre, dove la famiglia si trasferisce poco dopo la sua nascita, Monet muove i primi passi nel solco della tradizione sotto la guida di un allievo di J.L. David maestro del neo-classicismo, ma è sotto la guida di E. Boudin che scopre la pittura.
Vicino ai pittori della Scuola di Barbizon, che intende trasformare il paesaggio di ispirazione classica in una rappresentazione più realistica della natura, Boudin fa scoprire a Monet la pratica della pittura en plein-air, che allora si sta diffondendo.
Fin dagli esordi Monet si inserisce nella linea di Courbet e dei pittori naturalisti, ammirando al contempo l'atmosfera dei dipinti di Corot.
Nei suoi dipinti riecheggiano colori caldi tipici della  tavolozza della scuola degli artisti di quel periodo.

Aia in Normandia - 1863
Dopo aver studiato a Parigi nell'atelier del pittore svizzero Charles Gleyre dove stringe amicizia con Renoir e Bazille, nel 1865 Monet partecipa per la prima volta al Solon ufficiale, l'esposizione annuale nella quale vengono presentati gli artisti. Sono ammessi due paesaggi che vengono notati dalla critica.
Osservando i suoi lavori si scopre come nel tempo la sua carriera è ritmata sui luoghi che abita nel corso della sua vita e che diventano i punti cardinali delle suo esperienze pittoriche.
Nel 1864 è a Honfleur, tra il 1869 e io 1870 è a Louvencienne dove dipinge con Pizarro, ma questo per lui è un periodo di difficoltà: le sue opere sono rifiutate dalle giurie dei Salon e le sue finanze sono molto scarse per la mancata vendita dei suoi dipinti.
Nel 1870 con la compagna Camille Doncieux che nel 1867 gli ha dato un figlio, si trasferisce in Inghilterra dove ritrova Pizarro che gli fa conoscere il mecenate e mercante d'arte Paul Durand-Ruel che lo aiuterà economicamente acquistando alcune sue opere. Poi visita l'Olanda.
Di ritorno dall'Inghilterra Monet il 21 dicembre 1871 si stabilisce ad Argenteuil (vicino a Parigi) meta delle competizioni nautiche iniziate nel 1867 con l'Esposizione Universale e luogo nel quale la buona società parigina si reca per rilassarsi e praticare le attività sportive sulle rive della Senna. Qui può concentrare la sua ricerca sulla rappresentazione dell'acqua e dei riflessi nei differenti momenti del giorno o delle stagioni

e per realizzarli al meglio acquista una barca che utilizza come Studio 
Il battello studio di Monet (quadro non presente in mostra)
Il suo ritorno in Francia lo vede tra i protagonisti della prima mostra impressionista del 1874 dove espone, tra le altre, la tela Impression, solei levant (Impressione, sole nascente) che ispirerà il nome del movimento pittorico (opera non presente in mostra)


Nel 1875 dipinge La rue Montorgueil: il quadro, molto innovativo, mostra una veduta di un paesaggio urbano osservato da una certa distanza, il pittore non si mischia alla folla ma si limita ad osservarla da una finestra. Lo sguardo inedito ed i tocchi guizzanti che presentano la folla in modo non analitico, dimostrano come  Monet si stia affrancato dalla pittura di storia fino ad allora praticata nella quale era la figura umana ad essere protagonista. 
Con questo quadro l'artista rivela un aspetto nascosto della modernità: il pittore è diventato reporter.
Costretto a lasciare Argenteuil all'inizio del 1978, si stabilisce provvisoriamente a Parigi, dove nasce il secondo figlio ed in seguito si trasferisce a Vétheuil dove si interessa alla vita rurale, lontano dai tumulti della città.
Vétheuil non è luogo di villeggiatura come Argenteuil, è un paesino che offre una natura intatta: si interessa ora alla vita rurale e al fascino del succedersi delle stagioni.
Qui la sua pittura, sempre en plein air ed eseguita spesso a bordo della sua barca, si concentra sulla chiesa del paese situata sulle rive della Senna. 
L'artista studia la chiesetta sotto diverse angolazioni,



ne moltiplica gli angoli e le atmosfere: è l'inizio degli studi reiterati sullo stesso soggetto, elemento che prefigura il suo lavoro sulle serie che realizzerà  più tardi

Cattedrale di Rouen
Cattedrale di Rouen 















Vétheuil abita una casa sufficientemente grande che accoglie la sua famiglia e quella del suo collezionista Ernest Hoschedé, che tante volte lo aveva aiutato, ma che ora versa in grande difficoltà economica a causa di un rovescio finanziario.
Ma il soggiorno a Vétheuil è  purtroppo funestato da un lutto: suo moglie Camille muore di cancro il 5 settembre 1879. La ritrae sul letto di morte ed il volto di Camille sembra fondersi con i suoi paesaggi
Camille sul letto di morte 
Anche se rattristato dalla scomparsa della moglie, questo  è l'anno che segna l'inizio del successo commerciale delle opere Monet infatti all'inizio degli anni ottanta, grazie soprattutto al sostegno di mercanti come Paul Durand-Ruel, riesce a trarre sempre maggiore fortuna economica dalla sua pittura.
Dopo la scomparsa dell'amata Camille sarà la moglie di Hoschedé ad aiutarlo con i bambini e sarà con lei che a dicembre del 1881  si stabilisce a Poissy rendendo pubblica la loro relazione.
Nel 1883 Monet decide di trasferirsi a Giverny, che espolererà in ogni suo angolo, come già aveva fatto ad Argenteuil e a Vétheuil.
Il superamento dei problemi finanziari gli permette di intraprendere molti viaggi, nel corso dei quali può mettere alla prova la sua tecnica con luci differenti, come quella delle coste della Normandia o della Costa Azzurra.
Nel 1883-84 è nel sud della Francia ed in Italia: arriva con Renoir ad Aix-en-Provence, dove incontrano Césan e in seguito andranno a Genova, poi da solo visiterà Bordighera e Mentone.
La visita di Bordighera lo incanta, la definisce "un paradiso terrestre" per i suoi giardini lussureggianti che svilupperà poi nel suo giardino di Giverny.
E' particolarmente attratto dalle ville di Bordighera costruite da Charles Garnier l'architetto dell'Opéra di Parigi che saranno il soggetto di alcuni suoi quadri


Valla di Bordighera - 1884
Etretat, la Manneporte riflessi sull'acqua - 1885
ma gli piace anche ritornare in luoghi che sono già stati oggetto dei suoi quadri, come Etretat in Normandia o in Olanda patria di G. B. Jongkind pittore che lui definisce il suo vero maestro ("... è a lui che devo l'educazione definitiva del mio occhio" C.Monet)


    Campi di tulipani con il mulino a vento Rijnsburg - 1886 

La sperimentazione dell'evoluzione della sua tecnica pittorica lo porterà a dire: "... la nostra povera tavolozza non riesce a rendere i colori dei tulipani..."
Monet alterna così i viaggi ai tranquilli soggiorni in famiglia, nella sua proprietà di Giverny acquistata nel 1890 cui dedica incessanti cure per abbellirla.
Con il trascorre degli anni la sua trascrizione del mondo in pittura si farà sempre più personale, tanto nella forma che nei colori e si allontanerà sempre di più dall'esatta trascrizione della percezione.
L'armonia che caratterizza ora la sua pittura la avvicina alla musica e ai suoi principi e Monet, dopo una prima esposizione di covoni presso la galleria di Durand-Ruel nel 1891, giunge a sintetizzare il principio della serie.
Da allora in poi i temi si succederanno: i Pioppi, oppure  vedute di Venezia e di Londra. Quest'ultima in particolare  lo attrae per l'effetto della luce nello smog tanto che nella sua produzione artistica tra il 1900 e il 1904 si annoverano 37 dipinti che rappresentano vedute della città



Londra, il Parlamento effetto del sole - 1904

Nello spingere questo principio verso formati sempre più grandi, che sfoceranno nel ciclo delle Ninfee del Musée de l'Orangerie a Parigi, donato allo Stato francese per celebrare la vittoria del 1918, Monet si presenta come uno dei padri della pittura moderna.
Il grande maestro morirà per un tumore il 5 dicembre del 1926 all'età di ottantasei anni.

giovedì 8 ottobre 2015

MARTIAL RAYSSE



Radieuse des nuages - 1912


Aperta fino al 30 novembre 2015 la Mostra MARTIAL RAYSSE è la prima monografia dedicata all'artista al di fuori della Francia dal 1965.
L'esposizione, curata da Caroline Bourgeois in stretta collaboratore con Martial Raysse,  presenta 300 lavori tra pitture, sculture, installazioni al neon e video di cui circa la metà mai esposti al pubblico.
Il percorso espositivo non è cronologico ma tematico ed offre un nuovo punto di vista sul lavoro di Martial Raysse: da un lato sottolinea la varietà della sua produzione artistica e dall'altro mette in evidenza il dialogo e la risonanza continua che l'artista è riuscito ad instaurare tra le sue opere nel corso di sessant'anni di carriera. Ma lo scopo della mostra è anche affrontare la storia a ritroso per mettere a confronto epoche diverse da un punto di vista contemporaneo, a partire cioè dalle sue opere più recenti (2015-1958 / 1958-2015).
Fondatore nell'ottobre 1960 del gruppo Nouveaux Réalistes  insieme ad Arman, Y. Klein, D. Spoerri, J. Tinguely, F. Dufrene, R. Hains, J. Villeglé ed il critico d'arte e filosofo Pierre Restany, Raysse fa parte di quel ristretto novero di artisti per i quali la vera posta in gioco è il confronto con la "grande" storia dell'arte e tale confronto, messo in atto fin dall'inizio della sua attività artistica, è avvenuto attraverso la presa di distanza, lo humor o la riproduzione delle opere dei grandi maestri. L'artista si appropria dell'arte antica che egli opera in pastiches accordardati all'immaginario pop. 
Made in Japan-La Grande Odalisque 1964
Ingres, Tintoretto, Cranach e Botticelli vengono passati al filtro del "martialcolor", ingranditi al massimo, ripresi e trasformati nell'insieme dell'opera, di cui rimane esemplare la seria Made in Japan. Che si tratti dell'opera Sur 3 roses del 1963  o delle grandi composizioni pittoriche come Délice un peu tendue del 2009, il genere classico del ritratto è sottoposto al filtro Kitsch che amplifica il carattere affettato e artificiale di volti presi a prestito dal mondo del cinema o dalla storia dell'arte antica. 
Délice un peu tendue


Nel 1959, dopo le prime sperimentazioni pittoriche prossime all'astrazione informale, con un gesto forte Martial Raysse abbandona i legami con una pratica e uno stile pittorico che giudica obsoleti e si rivolge verso gli oggetti moderni da cui è circondato. Con occhio ironico ed allegro preleva dalla società dei consumi la plastica, le strane mercanzie da supermercato di cui è inondato il quotidiano, la moltitudine dei nuovi prodotti e li trasforma con assemblaggi poetici diversi dai lavori di altri Nuovi Realisti come Arman o Hains perché "l'igiene della visione" di Raysse è sinonimo di quel desiderio insaziabile per la novità, segno di una società che si sta ricostruendo dopo la seconda guerra mondiale.

Etalage, Hygiène de la Visione 1960                                        
              
Bird of Paradise 1960                  















Tableau dans le style français II
1966
Strettamente contemporaneo dei ritratti pop di Andy Warhol o dell'immaginario di Roy Lichtestein, il lavoro sul volto femminile attraversa l'insieme dell'opera di Raysse.
Peinture à haute tension 1965
In sintonia con una generazione di artisti americani e francesi affascinati dalla luce artificiale (Dan Flavin, Joseph Kosuth), a partire dal 1962 introduce nelle sue opere tubi al neon, simbolo della vita moderna. Concepito come un materiale pittorico vero e proprio, il segno luminoso ravviva un dettaglio, straripa dalla cornice del quadro e si fa scultura



America America 1964
America America 1964
























Nel percorso espositivo si è cercato di mostrare tutti gli aspetti del lavoro dell'artista: sono proposte le scatole, gli astucci, i reliquiari degli anni '70,












i disegni preparatori alle opere di grandi dimensioni, i bozzetti in vista di grandi composizioni pittoriche, fino alle piccole e grandi sculture frutto di un lavoro che va anche al di là del complesso apparato di riferimenti storici e stilistici e diventano una fonte inesauribile di umorismo di cui fa parte anche Bénie coccinelle del 2012

Fort le type! 2011




Bénie coccinelle - 2012
Una mostra da vedere per la sua bellezza e la grande quantità e qualità delle opere esposte.








In conclusione, lasciamo la parola all’artista: 
“Ho sempre pensato che il fine dell’arte fosse cambiare la vita. Ma oggi l’importante, mi sembra, è cambiare ciò che ci circonda a ogni livello dei rapporti umani. C’è chi pensa che la vita debba essere copiata. Altri sanno che va inventata. Rimbaud non si cita, si vive”.


“Il ruolo sociale del pittore? Mostrare la bellezza del mondo per incitare gli uomini a proteggerlo, ed evitare che si dissolva.” 
“Si è detto, a proposito del mio cambio di rotta: ‘Martial torna alla pittura’. È falso. Ci arrivo appena. Di fronte c’è una pagina bianca, la situazione è esattamente la stessa che nel Medioevo. Non è cambiato nulla.”