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domenica 17 aprile 2016

BRACO DIMITRIJEVIC - In mostra alla Gam di Torino

La mostra alla Gam di Torino a cura dell'ex direttore Danilo Eccher aperta fino al 24/7/2016 ripercorre le fasi principali della carriera artistica dell'artista Braco Dimitrijevic (Sarajevo 1948 - vive e lavora a Parigi) partendo dagli esordi con "The Casual Passers-by I Met", opera che alla fine degli anni Settanta lo rese celebre a livello internazionale, fino agli esiti più recenti della sua produzione.

La ricerca di Dimitrijevic abbraccia diverse tematiche e mette in discussione i presupposti di veridicità della storia



così come dell'arte e della cultura, lasciando aperti dubbi ed interrogativi.
Nel 1963 inizia a sovvertire le regole sostituendo la bandiera nazionale della sua barca con un canovaccio utilizzato per pulire i pennelli (Flag of the world - la bandiera del mondo)


in questo modo compie il suo primo atto di rimozione di un simbolo ufficiale  per sostituirlo con un altro personale, tema presente in altre sue opere successive.
Le sue prime azioni performative gettano le fondamenta del suo pensiero (che oggi si può identificare come un'anticipazione dell'arte relazionale) e affrontano il rapporto tra casualità e creatività attraverso grandi installazioni

Veleggiando verso la Post-Storia 2009
fotografie, video, dipinti e sculture che minano o quasi dissacrano l'idea stessa di opera d'arte e il concetto di artista.
Nelle azioni della metà degli anni Sessanta Dimitrijevic convivolge le persone per strada innescando delle situazioni che sono completate inconsapevolmente dai passanti : il suo intento è quello di mettere in discussione le nozioni di autenticità e autorialità dell'arte sovvertendo il ruolo tra artista e spettatore. In Accidental Drawing (Disegno accidentale) del 1968  per esempio, l'artista installa sulla strada un cartone di latte e aspetta che una macchina vi passi
sopra per fermare il conducente e chiedergli di firmare l'opera prodotta dal latte versato direttamente sull'asfalto.
Sovverte le regole anche nella serie The Casual Passers-by I Met (Passanti incontrati casualmente), in cui l'artista ha fotografato persone incontrate per strada e ne ha affisso gigantografie nelle città. Nel 1971 ad esempio,  nella principale piazza di Zagabria e sui palazzi statali dove nei giorni di festa nazionale erano appesi solitamente manifesti di politici, l'artista installò i ritratti di tre persone sconosciute che aveva scelto casualmente per strada. 


Le grandi fotografie, prive di nomi, iniziarono ad insinuare dubbi negli osservatori che cercavano di riconoscere quei volti domandandosi se fossero cambiate le persone al potere senza che i mezzi di comunicazione di massa lo avessero annunciato. A dare autorità a quei volti sconosciuti era il fatto che fossero appesi su palazzi del governo e con questo, Dimitrijevic, volle mettere in discussione l'accettazione passiva delle gerarchie storiche utilizzando le stesse forme di celebrazione ma per glorificare cittadini comuni sconosciuti.


Le sue immagini giganti ritraggono persone anonime come se fossero celebri ma anche, in maniera inversa, personaggi celebri dell'arte e della cultura in maniera anonima.
Negli anni Settanta Dimitrijevic iniziò a presentare il suo lavoro in esposizioni internazionali come la Biennale di Parigi (1971), documenta a Kassel (1972 e 1977) e la Biennale di Venezia (1976).
Nello stesso periodo cominciò la sua relazione con l'Italia: nel 1971 è a Napoli invitato dal gallerista Lucio Amelio e inizia il suo rapporto con il gallerista Gian Enzo Sperone, con il quale continua a lavorare, esponendo a Torino nel 1974.
Opera non presente in mostra
Alla metà degli anni Settanta l'artista sviluppa la serie Triptychos Post Istoricus che incorporano al loro interno altre opere ottenute in prestito da collezioni museali quali la Tate Gallery, il Louvre, il Musée d'Orsa  il Centre Pompidu e il Solomon R. Guggenheim Museum: capolavori della storia dell'arte sono accostati a strumenti musicali, oggetti di utilizzo quotidiano ed elementi organici come frutta e verdura, creando una sintesi armoniosa di arte, vita quotidiana e natura.

Messaggeri della Post-Storia 1997
Dagli anni Ottanta numerose mostre personali di Dimitrijevic si sono tenute in musei internazionali, mentre negli anni Novanta ha partecipato a mostre internazionali quali la Biennale di Sanpaolo e la Biennale di Venezia (1990 e 1993)
In anni più recenti l'artista realizza installazioni con ritratti di personaggi e grandi intellettuali che oggi sono comunemente riconosciuti "geni" ma che in passato furono ignorati,


e crea installazioni con opere d'arte e animali viventi



L'intrusione artistica di Dimitrijevic nel paesaggio urbano, lo spostamento di significato delle forme come ritratti, monumenti, targhe commemorative, sono precursori di interventi artistici in spazi pubblici che hanno influenzato le pratiche del neo-concettualismo e della street-art.
Una mostra un po' complicata ... ma da vedere.


"Il nostro mondo non è fatto di capolavori, biciclette o mele ma di tutte queste cose insieme".



mercoledì 13 aprile 2016

Il mondo di Steve McCurry - Venaria Reale (TO) - Mostra fino al 25/9/2016


Per Steve McCurry, più che forma d'arte, la fotografia è l'atto di creare un documento, raccontare una storia, evocare il ricordo di un passato perduto.
Ha la capacità di far apparire semplice ciò che è complesso, con immagini che vanno dirette al cuore del soggetto.
I suoi scatti hanno contribuito in maniera sostanziale alla comprensione di vicende che hanno trasformato il volto dell'Asia, dalla Prima Guerra del Golfo


agli intricati conflitti in Afganistan, sviando il senso dell'essere lì, in quel momento, testimone del dramma, ma anche della poesia dei colori e delle forme.
Le immagini di McCurry richiedono all'osservatore e a lui stesso come fotografo una grande attenzione e la giusta predisposizione d'animo nei confronti del soggetto. Le sue immagini, destinate in genere a illustrare servizi giornalistici, hanno finito per meritarsi un posto nella storia della fotografia artistica.
E' lo scatto del 1984 per il National Geografic a Sharbat Gula, che tutti conoscono "la ragazza afgana dagli occhi verdi", a renderlo famoso ed insieme ad altri scatti dedicati ad un Afganistan dilaniato dalle guerre, a imporlo come uno dei più importanti fotografi documentaristi a livello internazionale.
Vibranti, vivaci, esotiche, raggelanti o contemplative, le immagini di McCurry si inseriscono nel solco della grande tradizione documentaristica della fotografica come racconto della realtà.
Le immagini scattate in tutto il mondo da McCurry sono l'unicità del momento che il fotografo scopre nel "qui e ora", l'attimo che che si presenta una sola volta. Sono immagini che poi rimangono incise nella sua e nella memoria dello spettatore diventando vere e proprie icone.
Tra le fotografie dell'attimo, quella più amata dal fotografo è "Dust storm" scattata nel Nord dell'India ad alcune donne che si stavano proteggendo durante una tempesta di sabbia nel periodo dei monsoni. Invece di rifugiarsi in macchina è sceso ed ha colto l'attimo vibrante del vento e dei colori che si presentavano davanti ai suoi occhi.

McCurry seleziona e inquadra quello che vede, così facendo trasforma quella scena in qualcosa di interessante, qualcosa che risuonerà in coloro che avranno modo di osservare le sue fotografie.
Il fotografo e gli spettatori entrano allora in contatto creativo con i soggetti delle immagini, un legame che, quando si rivela positivo, va ben al di là della superficie delle fotografie  per incidere profondamente in chi le guarda, fino addirittura a modificare un opinione del mondo



McCurry ha condotto il pubblico in luoghi lontani e pericolosi che incutono meraviglia e soggezione grazie ad immagini che sono vivide descrizioni di terre e popoli molto diversi e stimolano un senso di esplorazione e scoperta, innescano un processo di valutazione e illustrazione, danno un nome all'ignoto.


Tuttavia egli sa bene che la fotografia, per propria natura, può essere un'imposizione, una brusca interruzione del tempo nel suo
libero fluire. 
La sua opera racconta una storia, parte della quale rimane però fuori dall'inquadratura e noi possiamo solo immaginare come i protagonisti la vivano.





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Steve McCurry (Philadelphia 1950) è famoso per le fotografie a colori scattate in tutto il Sud-est asiatico.
L'nizio della sua carriera riasale al 1979 quando, varcata la frontiera pakistana, si addentra nel territorio afgano controllato dai mujaheddin alla vigilia dell'invasione sovietica. Gli scatti realizzati in quell'occasione gli valgono la prestigiosa Robert Capa Medal. Da dieci anni collaboratore con il National Geographic e dal 1996 membro dell'agenzia Magnum.



domenica 10 aprile 2016

ROBERTO KUSTERLE - LO SGUARDO NEGATO




Fino all'8 maggio 2015 alla Fondazione 107 di Torino è possibile visitare la mostra antologica di Roberto Kusterle curata da Federico Piccari ed articolata in nove cicli che vanno dai lavori degli anni Novanta al corpus di inediti del 2015.
Lo sguardo negato è il titolo del percorso espositivo che mette a fuoco una caratteristica dominante dei soggetti ritratti da Kusterle: hanno tutti gli occhi chiusi o "non possono vedere".
Talvolta è una farfalla ad ostruire la visione, talaltra una piovana o una moltitudine di chioccioline oppure pesci.




L'artista sembra dirci che l'uomo è affetto da una cecità ormai permanente, il senso maggiormente sollecitato e sviluppato nel nostro vivere quotidiano è anche il più condizionato.
E' un uomo che si è allontanato dall'ascoltare i propri sensi e si è incamminato in un processo di separazione dalla natura pur essendone parte integrante.
Roberto Kusterle è un artista visionario, capace di restituire all'osservatore con un unico fotogramma il racconto di un film, mondi lontani dove l'inconscio ha il sopravvento.



L'artista crea installazioni con al centro l'uomo e il suo corpo, risultato di una ricerca personale di elaborazioni complesse, raffinate, spesso di violento impatto concettuale, che utilizzano materiali sottratti alla natura. La scelta dei personaggi, l'ambientazione, le luci, la scenografi, il trucco cioè ogni dettaglio è curato meticolosamente dall'artista con certosina pazienza e maestria.

L'immagine fissata dalla macchina è l'ultimo atto di un progetto e di una preparazione che possono durare mesi e talvolta anni; atto liberatorio di tutti gli altri momenti che lo hanno preceduto e punto di partenza di una nuova, lunga fase di elaborazione in camera oscura e talvolta con interventi di post produzione digitale.
Il risultato finale è sempre di forte impatto visivo, soggetto ed ambiente racchiusi in una magica atmosfera trasportano l'osservatore in altre dimensioni




Collegando senza soluzione di continuità, entro la figura umana, altri ordini biologici, diversi ma non in contrasto, dà vita a figure archetipi di una contemporaneità classica in cui il tempo sembra essere sospeso; immagini che condensano idea e sogno, fantasia e realtà, mondo umano ed animale, organico ed inorganico, vita e materia inconscio ed ancestrale: attraverso la profondità del mistero che origina la vita, Kusterle coglie il senso di spiritualità insito nell'essere umano così come in ciascun elemento della natura.
La mostra si snoda tra i 9 cicli prodotti in questi 25 anni di lavoro. 
Si parte con Αναχρονος (2004-06) e, in successione, Mutazione silente (2007-08), Segni di pietra (2011-12)
Αναχρονος (2004-2006)
Mutazione silente (2007- 08),

Segni di pietra (2011-12)

Riti del corpo (1991-2014)
Riti del corpo (1991-2014), ciclo che costituisce una sorta di contenitore tematico, dove l’autore ha riunito fotografie scattate in un tempo dilatato mantenendo il focus sul tema del corpo e della sua ibridazione.
Mutabiles Nymphae (2009-10) 
I segni della metembiosi (2012-13) 
Si continua con Mutabiles Nymphae (2009-10), I segni della metembiosi (2012-13), Abissi e basse maree (2013) e L’abbraccio del bosco (2014).



Abissi e basse maree (2013)
L’abbraccio del bosco (2014)
 A completare il percorso espositivo, Morus Nigra (2015) ulti- mo ciclo presentato in questa antologica per la prima volta.

































 
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Roberto Kusterle è nato nel 1948 a Gorizia. Dagli anni Settanta lavora nel campo della arti visive, dedicandosi sia alla pittura sia alle installazioni. Dal 1988 inizia ad interessarsi alla fotografia che è diventato il suo principale mezzo espressivo. 





“Trasporto nel mio lavoro le sensazioni percepite quando mi inoltro nei boschi o lungo il fiume. Probabilmente se abitassi in una grande città queste cose non le coglierei.  In qualche modo sono io il primo spettatore di me stesso e voglio continuare ad esserlo man- tenendo la curiosità e lo stupore della ricerca”.

DA POUSSIN AGLI IMPRESSIONISTI - Tre secoli di pittura francese all'Ermitage

Al Palazzo Madama di Torino fino al 4 luglio 2016 una mostra con oltre settanta dipinti del Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo che illustrano l'arte francese dal 1600 alla fine dell'Ottocento.
Suddivisa in dodici sezioni, la mostra mette in evidenza gli aspetti e la fortuna dell'arte francese in Russia, sin dall'epoca di Pietro il Grande.

La rassegna si apre con il classicismo di Simon Vouet, autore della "Madonna con Bambino", che si è accostato al caravaggismo durante la sua permanenza a Roma dal 1614 al 1627. 

La visita prosegue con il "Paesaggio  con Cristo sulla via di Emmaus" di Claude Lorrain e i pittori del Re Sole (Luigi XIV) con il ritrattista Vivien.
Si incontrano poi F. Desportes, pittore ufficiale delle cacce reali, lo stile rococò di J.B. Pater e della cerchia di Madame de Pompadour, C.A. Van Loo autore del "Riposo di Diana" (Bozzetto per la decorazione del soffitto della camera da letto della regina di Sardegna nella Palazzina di Caccia di Stupinigi) per proseguire con la leggerezza della pittura di Watteau, 
J.A. Watteau - La proposta imbarazzante 1715-16

di Boucher
F. Boucher - Scena pastorale 1740

e di Fragonard a cui si affianca la poesia venata di romanticismo della pittura di Vernet.

Ingres è presente con "Il ritratto del conte Nikolaj Dmitrievic Gouriev" accanto all'incantevole ritratto di Elizaveta Alekseevna realizzato della pittrice M. L. Elisabeth Vigée Lebrun.


L'itinerario 
approda poi al naturalismo di Corot e ai paesaggi di Daubigny e Dupré della scuola di Barbizon per terminare con l'impressionismo di Pizarro ("Boulevard Montmartre. Pomeriggio di sole - 1897), Renoir, Sisley, Monet e con la pittura moderna di  Gauguin, Matisse e Césan.




Immergetevi nei grandi temi della pittura moderna che spazia dai soggetti sacri a quelli mitologici, dalla natura morta al ritratto, dal paesaggio alla scena di genere...
La mostra è accompagnata dal progetto ARTUNE, che unisce arte e musica: un'audioguida, prima al mondo, che permette un viaggio attraverso i quadri con la musica e i commenti audio di 10 artisti italiani, tra cui Paola Turci, Elisa, Andrea Mirò, Andy Fluon.

giovedì 7 aprile 2016

Magali Reus Quarters - Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (dal 31-3-2016 al 12-6-2016)



Alla sua prima personale in Italia l'artista olandese Magali Reuse (L'Aia 1981) presenta le sue sculture alla mostra presso la  Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino.
Sono assemblaggi di oggetti costruiti ex novo con attento rigore formale, con allusioni alla sfera domestica  ma anche a quella industriale, all'aspetto funzionale e a quello decorativo.
Oggetti prodotti in serie e di uso quotidiano sono il punto di partenza formale per l'esplorazione del rapporto tra il mondo oggettuale e la sfera umana, tra la tecnologia ed il corpo, tra le superfici e i gesti.
Nessun ready-made tra le opere di Reus, anche se le forme levigate, chirurgicamente dissezionate e riassemblate richiamano la freddezza del design industriale,
ogni oggetto deriva dalla lavorazione di un'articolata gamma di materiali plastici e metallici 
che non dimostrano la riproducibilità tecnica ma permettono di arrivare alla loro identità: le cose inanimate, così ricostruite, sono proiezioni di esperienze umane che l'artista invita ad ascoltare.
Ecco perché, dopo aver costruito con cura la geometri dell'insieme, l'artista ne contamina i singoli elementi con tracce di disordine cioè lievi irregolarità, frammenti di stoffa, residui di materiale organico a ricordare che intorno ad ogni oggetto si è sviluppata un'interazione carica del senso che l'uomo gli ha attribuito semplicemente in virtù dell'uso che ne ha fatto e della storia di cui così la reso partecipe.
In mostra due serie di lavori recenti In place of (2015) che riflette su un elemento dell'architettura urbana  posta a metà tra spazio pubblico e privato: il bordo del marciapiede, luogo marginale ma permeato dal nostro passaggio, quindi involontario mezzo di unione di effetti personali e vissuti e Leaves (2015)  opere "lucchetto" che mostrano il risvolto perverso del dettaglio meccanico: quasi come marcatori di una sorta di codice numerico che sfugge alla traduzione, i lucchetti sono messi "a nudo", sono variamente sezionati per mostrare i meccanismi interni, rivelano numeri e lettere che, seppure indecifrabili, attestano la presenza umana...