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lunedì 24 ottobre 2016

CARLO PITTARA E LA SCUOLA DI RIVARA - Fondazione Accorsi-Ometto fino al 15 gennaio 2016



Carlo Pittara
Il Museo Accorsi-Ometto presenta un'esposizione di circa 70 opere che esplorano il percorso artistico di quei pittori che, a vario titolo e in tempi diversi, frequentarono il "cenacolo di Rivara" animato dalla figura di Carlo Pittara.
Sulla scia dei pittori francesi che nella seconda metà dell'Ottocento si erano dedicati alla pittura realista  attingendo a scene di vita quotidiana perché stanchi dei modelli proposti dalle Accademie delle Belle Arti che richiedevano la realizzazione di opere a soggetto mitologico, religioso o storico, i pittori piemontesi furono tra i primi a recepire il nuovo stile di pittura e ciò grazie ad artisti come Carlo Pittara, che negli anni Cinquanta del secolo soggiornarono nella capitale francese. La scoperta della pittura di paesaggio francese en plein air, della scuola di Barbizon e di Corot aprì quindi la strada alla pittura "dal vero".
Accanto alla figura chiave di Carlo Pittara, in mostra sono presenti altri undici artisti provenienti da diverse regioni italiane come Vittorio Avondo, Ernesto Bertea, Federico Pastoris, Ernesto Rayper, Alberto Issel, Giovanni Battista Carpanetto, Adolfo Dalbesio, Francesco Romero, Antenore Soldi oltre agli iberici D'Andrade e De Avendaño.

Ernesto Reyper
Questo gruppo di amici si ritrovavano in estate ed in autunno per dipingere insieme a Rivara accolti nella villa e nel castello del cognato di Pittara, il banchiere Carlo Ogliani (ancora oggi vivo centro d'arte contemporanea).



Nacque così quella che fu definita la  "Scuola di Rivara" sede tra il 1860 e il 1877 di un "cenacolo" di artisti goliardici, amanti del buoni cibo e della scampagnate, delle contadinotte e delle prime escursioni in alta montagna. In questo idilliaco paese del Canavese posto presso le Alpi constatarono che un prato, dipinto dal vero, si doveva fare spremendo il tubetto del verde e non quello dell'ocra gialla come si faceva in studio e come l'accademia comandava di fare.




Serafin De Avendaño
Durante gli anni di attività del cenacolo di Rivara tutti i componenti della scuola produssero numerosissimi dipinti, mirando sempre a rappresentare il vero: dagli scorci di paesaggio rurale che si aprivano davanti agli occhi, ai momenti di vita contadina, alla quiete dei boschi, alla serenità delle montagne.
Scriveva Alfredo D'Andrade: "volete sapere come i De Avendaño, i D'Andrade, i Pittara, i Rayper dipingono i loro quadri? Essi vogliono rappresentare la campagna: ebbene cominciano con l'andare a trovarla portandosi verso i luoghi che più si confanno ai loro gusti ed ora li scelgono sassosi, ora erbosi, ora montuosi, ora piatti o sulla collina o in riva al mare. Giunti sul posto, eccoli con cartelle, lapis, cercando soggetti. Fanno cento schizzi per trovare il motivo, la linea, il chiaroscuro, l'eleganza ..."


Alberto Issel

Il momento di maggiore vitalità e di fulgore fu a cavallo del 1870: in questi anni l'attenzione si focalizzò su scene di animali come in Ritorno all'ovile, L'abbeveratoio della sera o In villa


Ernesto Reyper
ma il sodalizio iniziò a dissolversi dal 1873, anno segnato dalla precoce morte di Rayper.
Pittara stesso si allontanerà sempre più da Rivara per ripetuti e lunghi soggiorni a Roma nel 1877 e a Parigi nel 1880. In seguito a queste esperienze rinnoverà le sue tecniche, attingendo alle eleganti scene di gusto borghese parigino, come nel dipinto Ai Champs Elysées 
Carlo Pittara
e con l'utilizzo di colori più vivaci e brillanti.
De Avendaño e Issel passarono da una pittura suggestiva di gusto romantico ad una più vera, caratterizzata da un'intensa luminosità.
Carlo Pittara

Pastoris e Avondo vennero progressivamente attratti dalla pittura di scene medioevali ricostruite nei castelli valdostani (Avondo acquista quello di Issogne), mentre D'Andrade, divenuto soprintendente di Liguria e Piemonte, si interessò al restauro e allo studio dei monumenti del Medioevo pedemontano, che lo portarono alla realizzazione di molte opere, tra cui il Borgo Medioevale a Torino.






Carpanetto e Dalbesio infine risentirono delle novità artistiche di fine secolo, approdando ad una pittura più sfatta e brillante e privilegiando scene di interni borghesi, come nel dipinto intitolato "Critici gentili"


Giovanni Battista Carpanetto
Terminò così quel momento magico della pittura piemontese, ligure e lombarda  della seconda metà dell'Ottocento, caratterizzata dall'espressione giovanile e sincera della realtà, lontana dalla ridondanza della pittura di storia e i ritardi di gusto dell'insegnamento accademico.


giovedì 20 ottobre 2016

Gli artisti giapponesi HOKUSAI - HIROSHIGE - UTAMARO



Katsushika Hokusai (1760-1849) è in assoluto l'artista giapponese più conosciuto al mondo. Reso celebre dalla sua  Grande onda di Kanagawa, pubblicata nel 1830, ha prodotto circa 30.000 xilografie e disegni. 
Il suo vero nome era Tokitaro, ma nel corso della sua vita cambiò nome molte volte: decise di chiamarsi Hokusai  nel 1798.
Nel 1775 comincia l'apprendistato presso una bottega di incisori e nel 1778 è ammesso alla scuola di pittura del maestro  Katsukawa Sunsho, producendo solo ritratti di attori del teatro kabuki ed illustrazioni per kibyoshii (libri dalla copertina gialla).
Nel 1793 alla morte del suo maestro l'artista trova un proprio stile iniziando la produzione di egoyomi (calendari) e surimono (biglietti augurali con figure umane, animali e fiori) per poeti di vari circoli letterari. I primi surimono sono di dimensioni ridotte e di forma allungata, ai quali in un periodo successivo aggiunge vedute e paesaggi.
L'opera titanica dell'artista sono i suoi Manga (schizzi): l'opera è formata da 15 volumi e può essere considerata una vera e propria enciclopedia della cultura e dell'arte giapponese oltre ad essere stata  fonte di ispirazione per  i pittori impressionisti.
Altri sue eccellenti opere sono i cicli delle 36 vedute del Monte Fuji (1829-1833), del Viaggio tra le cascate (1827-1830) e delle Vedute di ponti famosi (1827-1830).
Nonostante l'incendio del 1839 nella sua casa distrugga la maggior parte dei disegni e dei dipinti, Hokusai continuerà a creare fino agli ultimi giorni dei suoi 89 anni di vita, definendo se stesso "il vecchio pazzo per la pittura".

Hutagaua Hiroshige (1797-1858) nasce in una famiglia di samurai di Edo. Avendo perso i genitori in tenera età, a tredici anni incomincia a svolgere le funzioni di capo dei pompieri al Castello e questo lavoro gli permette di dedicare il tempo libero alla sua passione: il disegno. 
Il tema preferito da Hiroshighe sono gli scorci della sua città natale che compare in circa 1080 fogli insieme a tanta acqua che all'epoca la circondava. Per questo nelle sue opere primeggiano le varie tonalità di blu. Nel 1831 accompagna la delegazione ufficiale dello Shogun (comandante dell'esercito) nel suo viaggio da Edo a Kioto. Questo viaggio impressiona così tanto l'artista da dare origine al ciclo "Le 53 stazioni di Tokaido". Tra i paesaggi molti sono realizzati dal vero. Ogni paesaggio offre allo spettatore la percezione dello stato psicologico del momento in armonioso dialogo con la natura.
Sarà considerato il "maestro della pioggia" e la sua xilografia Pioggia sul grande ponte di Shin-Okashi sarà riprodotta da Van Gogh il quale esprimerà "l'invidia per l'estrema limpidezza che ogni elemento ha nelle opere dei giapponesi".

Kitagawa Utamaro (1753-1806) venne definito pittore di beltà femminile (bijin-ga) e fu lui ad introdurre il ritratto femminile singolo a mezzo busto. La raffinatezza delle linee sinuose dei corpi, l'accentuata sensualità delle pose ed espressioni rappresentano la forza poetica di Utamaro, vero cantore della bellezza femminile.
Nel 1775 conosce l'editore Tsutaya Juzaburo, a cui deve la sua grande fortuna, con lui ama frequentare il quartiere di piacere di Yoshiwara, centro della vita mondana dell'epoca e fonte di ispirazione per i suoi lavori.
Il bianco candido della carta fa da meraviglioso contorno di luce ai  suoi ritratti e per ottenere tonalità leggerissime mischia polveri argento e oro, senza disdegnare l'uso dei  colori brillanti e decisi.
E' molto interessato alle piccole cose della vita quotidiana: le sue donne sono madri, donne comuni o mogli impegnate a pettinarsi, a truccarsi o passeggiare in giardino.
Le opere di Utamaro si diffondono presto in Cina e da lì, in gran segreto, vengono portate in Europa. Tra le 2000 stampe policrome ci sono numerosi dittici e trittici. Ma nel 1804 all'apice del suo successo, un trittico rappresentante l'eroe Toyotomi Hideyoshi in compagnia delle sue cinque concubine, lo porterà in disgrazia: sarà accusato di offesa pubblica alla dignità del comandante militare e messo in prigione. I cinquanta giorni senza libertà e con le mani legate sconvolsero l'animo delicato dell'artista che due anni dopo scompare, a soli 53 anni.

giovedì 13 ottobre 2016

Le donne nell'arte: CAROL RAMA

Olga Carolina Rama in arte Carol Rama (1918-2015) è un'artista autobiografica: ogni personaggio, ogni oggetto che compare sulla scena dell'opera trova il suo riscontro nella sua storia e sua nella memoria.
Figlia di un piccolo imprenditore che produceva biciclette, l'autodidatta Carol Rama iniziò a dipingere giovanissima. In seguito ad episodi familiari dolorosi (le cure psichiatriche della madre ed il probabile suicidio del padre) la sua arte diventa un modo per esorcizzare sofferenza e paure interiori "io dipingo per istinto, per dolore, per rabbia e nostalgia, per gioia e nello stesso tempo per melanconia, ma soprattutto per rabbia".
Nelle sue opere la volontà di superare il conformismo ed il perbenismo è esplicito. Corpi femminili troncati, dentiere, letti di contenzione, sedie a rotelle, animali, scarpe e altro, sono i soggetti dei suoi primi acquarelli, che negli anni della loro esecuzione (1936-1946)furono talmente anacronistici da risultare inaccettabili (nel 1945 la sua prima mostra fu chiusa dalla polizia per oscenità).
Questi lavori riflettevano le angosce e le fantasie di una giovane donna che ha di colpo dovuto confrontarsi con gli aspetti traumatici della vita, dopo un'infanzia piuttosto protetta nella casa paterna.

Appassionata 1943
Opera n. 54 - 1941
Dorina - 1940



Opera n. 18 - 1939


Pissoir - 1941
E' del 1948 la sua prima partecipazione alla Biennale di Venezia; negli anni Cinquanta, forse per la delusione della censura alla sua prima mostra, Carol sente il bisogno di uscire dai confini dell'autobiografia ed entra a far parte del gruppo del Mac (Movimento arte concreta) torinese, elaborando un suo personale concetto di astrazione. In quegli anni nasce l'amicizia con Gillo Dorfles, uno dei fondatori del gruppo nel 1948 a Milano.
A partire dagli anni Sessanta la sua ricerca torna a scavare nel repertorio intimo, unendo la realtà di oggetti usati al suo intrinseco estro pittorico. Nascono dei dipinti definiti "bricolage" dall'amico Edoardo Sanguineti, il quale accompagna Carol e la sua opera fin dagli anni Sessanta, nei cataloghi delle mostre e nelle cartelle di grafica, con testi critici e anche con poesie dedicate all'artista.
Nella vita di Carol Rama gli amici hanno un grande ruolo a cominciare da quelli che frequenta a Torino, come Felice Casorati, Albino Galvano, Italo Calvino, Massimo Mila, Carlo Mollino e altri ancora.
Durante i soggiorni del 1970 e 1971 con il suo gallerista Luciano Anselmino a Parigi e a New York, conosce Andy Worhol, Orson Welles e soprattutto Man Ray, che continua a frequentare fino alla morte di lui.
Il lavoro degli anni Settanta è insieme intimo e di ampio respiro: su formati spesso considerevoli, Carol Rama appende o stende e incolla camere d'aria che le ricordano la fabbrica di biciclette del padre imprenditore. Le camere d'aria, spesso usurate riparate rattoppate, creano una materia viva, pittorica, con un effetto visivo e tattile che ricorda l'anatomia umana.

La guerra è astratta - 1971
In seguito all'incontro con la critica d'arte e curatrice Lea Vergine, il 1980 la vede presente con numerosi lavori degli anni Trenta e Quaranta nella mostra itinerante sulle grandi artiste del Novecento, intitolata "L'altra metà dell'avanguardia". Curata da Lea Vergine, le viene allestita nel 1985 la prima mostra antologica nel sagrato del Duomo di Milano.
Da quel momento inizia ad essere apprezzato il lavoro dei primi anni, e questa è forse una delle ragioni per cui Carol torna alla figurazione, dall'inizio degli anni Ottanta, con opere piene di fantasia, di bizzarrie, di racconti accennati e di allusioni privatissime.

Seduzioni - 1984
L'artista non ha più abbandonato il figurativo, ma con il tempo le figure e i personaggi, legati sempre alla sua storia personale, si sono fatti più essenziali, quasi emblematici.
Mostre pubbliche, come la sala personale alla 45^ Biennale di Venezia nel 1993, la collettiva nel 1996 "Inside the Visible" all'ICA di Boston o l'antologica allo Stedelijk Museum di Amsterdam nel 1998 la portano all'attenzione del pubblico interazione.
Ma il grande riconoscimento pubblico le arriva soltanto nel 2003, quando le viene conferito il Leone d'oro alla carriera in occasione della 50^ Biennale di Venezia. Ha 86 anni ma è ancora in piena forma, ruggente e graffiante come non mai.
Nel 2004 le viene allestita un'ampia antologica presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a Torino,


che in seguito sarà presentata al Mart di Rovereto e al Baltic Museum di Gateshead (GB).
Nel 2006 viene pubblicato il Catalogo ragionato dell'opera incisa di Carol Rama.
L'opera figurativa dell'artista è presentata nel 2007 da Achille Bonito Oliva nella mostra "La passione secondo ABO"...
Carol Rama non fu mai tecnicamente una valente pittrice, la sua tecnica è sempre approssimativa, quasi dilettantistica, infantile, ma è proprio questa la sua forza naif che mette in gioco la grande personalità di artista che fa arte non per vendere, bensì per esprimere ciò che "sente dentro".
Il 24 settembre 2015 si spegne nella sua casa-studio di via Napione a Torino   all'età di 97 anni. Non ha mai avuto mariti né figli, anche se tanti artisti di Torino, anche giovani, hanno voluto mettersi sulla sua stessa lunghezza d'onda dichiarandosi per certi aspetti suoi figli.  Ne sono un esempio i diciotto artisti riuniti nella mostra PanoRama curata da Olga Gambari ed inaugurata a Torino proprio nel giorno in cui Carol Rama moriva.










"La mia arte piacerà moltissimo a quelli che hanno sofferto. Perché la follia è vicina a tutti. E perché l'arte, se non è già vita, almeno è libertà".



giovedì 6 ottobre 2016

IL MERCANTE D'ARTE

La figura del mercante d'arte ha una storia relativamente breve che risale a circa un secolo e mezzo fa quanto, a cominciare dall'esibizione parigina degli Impressionisti del 1874, si gettarono le basi per quel sistema privato di gallerie, collezionisti e critici in grado di costituire una rete vincente per il successo internazionale degli artisti.
A guardare lo sviluppo della storia dell'arte ci si convince sempre più dell'importanza straordinaria rivestita dai mercanti d'arte e del loro ruolo decisivo per la fortuna non solo di un artista, ma persino di un movimento e dunque di uno stile.
Il mercante parigino Paul Durand-Ruel (1831-1922) ad esempio, fu colui che tra il 1891 e il 1922 comprò circa 12 mila opere di Monet, Manet, Pisarro, Degas, Renoir e Mary Cassat e per lunghi anni è stato praticamente il solo. Arrivò a sostenere persino le spese mediche dei suoi artisti, o a pagare il conto del sarto quando necessitavano di un vestito nuovo.


A Londra, dove si era stabilito fuggendo dalla Comune e dalla guerra franco-prussiana, organizzò continuamente personali e alcune collettive che hanno fatto storia, fino a quella del 1905 alla Grafton Galleries, dove riunì un numero di opere impressionante (315) coronando trent'anni di sforzi. La modernità del suo metodo, poi adottato da tutti i galleristi contemporanei, fu quello di seguire in esclusiva gli artisti, organizzare personali, mandare in tournée estere le opere. Per sostenere il mercato dei quadri arrivò persino ad indebitarsi con le banche pur di non dover svendere.
L'editore Ambrois Vollard (1886-1939) sapeva abilmente suscitare attorno agli artisti un alone di esclusività e un interesse costante che accrescevano la notorietà ed il valore delle loro opere. Fu il primo ad avvalersi della carta stampata di cui aveva compreso la fondamentale importanza divulgativa, scrisse e pubblicò articoli, recensioni e cataloghi delle sue mostre facendo una vera e propria opera di promozione degli artisti.
Per allargare la cerchia di appassionati e collezionisti d'arte rivalutò il multiplo a tiratura limitata dal costo più accessibile ma prezioso nella sua raffinata tecnica incisoria e litografica.
Nella sua scuderia era presenti Paul Cézanne, Georges Rouault, Paul Gauguin, Vincent van Gogh, Marc Chagall e fu uno dei primi che fin dal 1901 promosse le opere di Pablo Picasso.
Come spesso accadeva, prima di essere grandi estimatori del lavoro degli artisti che rappresentavano, i mercanti erano innanzitutto loro amici. Disponevano di grandi abitazioni nelle quali, quando serviva, ritagliavano spazi per ospitare atelier e laboratori a loro dedicati.
E' il caso di Léopold Zborowski (1889-1939) scrittore, poeta e mercante d'arte ritratto molte volte da Amedeo Modigliani . Scopritore di talenti e abile commerciante , Zborowski costituì una personale scuderia di artisti che comprendeva, tra gli altri, Maurice Utrillo, Chaim Soutine, André Derain e il grande amico Amedeo Modigliani.
Come non ricordare il mercante del cubismo Daniel Henry Kahnweiler (1884-1979) che aprì la sua galleria a Parigi nel 1907. 
Egli decise subito di comprare opere di artisti innovatori, incominciando a sostenere, in particolare, il lavoro di Derain, Braque e Picasso (quest'ultimo incontrato nel suo studio nel 1907).
Nel 1908 espose, in una personale, le opere di Braque rifiutate dal Salon d'Automne; è in questa occasione che si parla per la prima volta di Cubismo. Sono suoi clienti della prima ora l'americana Gertrude Stein, lo svizzero Hermann Rupf, il francese Roger Dutilleul, il russo Ivan Morozov, tutti esponenti di quel ristretto ambiente d'élite internazionale che rappresenta il primo nucleo del collezionismo d'avanguardia.
Kahnweiler utilizza con gli artisti il sistema dei contratti di esclusiva, strutturando la sua posizione di monopolio in modo tale da creare le migliori condizioni per operazioni commerciali vincenti a lungo termine.
Allargando i collegamenti con i collezionisti, critici e mercanti, egli inoltre rafforza progressivamente la notorietà internazionale dei suoi artisti, le cui opere vengono esposte in tutta Europa e negli Stati Uniti.
Nel continente americano il più importante mercante d'arte è Leo Castelli (1907-1999). Nato a Trieste si laurea in legge a Milano e nel 1932 si sposa con Ileana Shapira (poi Sonnabend), figlia di un grande industriale rumeno. Con lei,  a Parigi nel 1935, incomincia a frequentare il mondo dell'arte e nel 1939 diventa socio della galleria di René Drouin inizialmente in stretto rapporto con i surrealisti e poi interessato in particolare ai maestri dell'arte astratta come Mondrian e Kandinskij.
Nel dopoguerra, a New York, collabora ancora con Drouin ma anche con Sidney Janis, pur rimanendo, come la moglie, soprattutto collezionista.
Nel 1957 a New York apre la sua galleria d'arte e l'anno dopo propone due personali di Rauschenberg e Jasper Johns, che precedono l'avvio, nel 1962, del successo della Pop Art, di cui Leo Castelli è il principale mercante. Lavorano con lui dall'inizio Lichtenstein, Rosenquit, Chamberlain e subito dopo Worhol.
Castelli diventa il regista di tutta l'arte americana d'avanguardia degli anni Sessanta e Settanta: oltre agli artisti Pop, sono lanciati da lui anche i principali protagonisti del Minimalismo (Stella, Judd, Flavin, Morris) e dell'arte processuale e concettuale (Serra, Nauman, Sonnier, Weiner) e altri vari artisti. Attraverso una rete internazionale di gallerie a lui collegate (es. Ileana Sonnabend e Yvon Lambert a Parigi, Konrad Fisher a Dusseldorf, Sperone a Torino) e attraverso mostre in musei americani ed europei da lui promosse, Castelli è stato il principale artefice della leadership culturale e mercantile dell'arte americana a livello mondiale.
Questi solo alcuni dei mercanti che permisero agli artisti di diffondere la loro produzione ma sicuramente i più conosciuti.


Durand-Ruel ritratto da Renoir


Vollard ritratto da Picasso
Vollard ritratto da Renoir




















Zboroski ritratto da Modigliani
Kahnweiler ritratto da Braque


Castelli ritratto da Worhol



















sabato 1 ottobre 2016

BRUEGHEL - Capolavori dell'arte fiamminga



Alla Reggia di Venaria fino al 19 febbraio 2017 è possibile visitare la mostra BRUEGHEL - Capolavori dell'arte fiamminga.
Un'esposizione di opere che ripercorre la storia pittorico-familiare di una dinastia di eccezionale talento che ha operato tra il XVI e il XVII secolo - un arco temporale di oltre 150 anni - analizzando la rivoluzione realista portata avanti dal geniale capostipite della famiglia Pieter Brueghel il Vecchio, seguito dai figli Pieter Brueghel il Giovane - colui che ha ripercorso il successo paterno con opere come "Paesaggio invernale con trappola per uccelli" (1601)



e la "Danza nuziale all'aperto" (1610 ca.) - e Jan Brueghel il



vecchio, detto anche dei Velluti per la sua straordinaria perfezione pittorica come in "Viaggiatori con carri su una strada di campagna" (1610), di suo figlio Jan Brueghel il Giovane di cui è esposta la bellissima versione delle "Tre grazie" realizzta nel 1635 insieme a Frans Wouters (allievo di Rubens)



accanto a "Nature morte con fiori" (1660-1665) di Abraham pronipote di Pieter Brueghel il Vecchio, specializzato nelle nature morte.



Un viaggio appassionante nell'epoca d'oro della pittura fiamminga del Seicento alla ricerca del genio visionario di artisti in grado di incarnare e influenzare lo stile e le tendenze di oltre un secolo di storia dell'arte.
Accanto a loro altri importanti artisti dell'epoca come Marten van Cleve, tra i più attenti al lavoro del capostipite della famiglia, che realizza tra il 1558 e il 1560 la straordinaria serie di sei tavole del "Matrimonio contadino" 





e capolavori che toccano temi Biblici come "Paesaggio invernale con la Strage degli Innocenti"(1570 ca.)


La rassegna, insieme ai membri della famiglia Brueghel, presenta un'importante selezione di artisti come Jacob Grimmer, Jan Van Boeckhorst, Hendrick van Balen. 
Presente in mostra anche un quadro di Hieronymus Bosch
I sette peccati capitali (1500-1515)
l'artista che sembra aver molto influenzato Pieter Brueghel il Vecchio facendolo diventare pittore della vita contadina, di un mondo mistico, alchimista, esoterico e insieme gretto, sudicio e volgare. Colui che Vasari definì "maestro eccellente".
L'esposizione si sviluppa in sette sezioni tematiche: il giudizio universale, natura regina, soldati e cacciatori, viaggiatori e mercanti, allegorie e parabole, splendore e vanità, vita silente e danza degli ultimi. Attorno a queste si sviluppa un racconto appassionante della realtà della vita descritto con meticolosa attenzione.
Le sezioni sono inoltre alternate a postazioni interattive che permetto al visitatore di vivere un'esperienza immersiva, non solo didattica ma anche giocosa, alla ricerca del genio visionario di ben cinque generazioni di artisti in grado di incarnare perfettamente stile e tendenze dell'epoca d'oro della pittura fiamminga.